venerdì 15 aprile 2016

Un comico tedesco a processo per richiesta del presidente turco Erdogan.

Welcome to Turkey    Tjeerd Royaards
Do not anger His Majesty the Do-Not-Insultan.
15 Apr 2016

La querelle nasce il 31 marzo quando, durante la trasmissione “Neo Magazin Royale” sull’emittente televisiva tedesca Zdf, Boehmermann aveva recitato un poema su Erdogan che conteneva accuse politiche e allusioni sessuali: in particolare, il comico accusava il presidente turco di “prendere a calci i curdi e picchiare i cristiani mentre si dedica alla pedopornografia” e al sesso con gli animali, e di essere un “idiota di professione”. Erdogan l’aveva così querelato per diffamazione, definendo la trasmissione “inaccettabile” e chiedendo una punizione per l’attore colpevole, a detta delle autorità turche, di aver insultato non solo un capo di Stato “ma anche 78 milioni di turchi”.




The Devil Jan Boehmermann    Paolo Lombardi
.
15 Apr 2016



http://www.glistatigenerali.com/geopolitica_media/turchia-comico-tedesco-bohmermann-erdogan/


BERLINO - La cancelliera tedesca Angela Merkel ha dato l'ok alla richiesta del presidente turco Recep Tayyp Erdogan, che chiedeva l'apertura di unprocesso nei confronti del comico Jan Boehmermann, autore di una poesia satirica nei suoi confronti. Secondo il codice penale tedesco, il governo di Berlino era tenuto a pronunciarsi sull'autorizzazione ai procuratori.

Merkel ha citato "opinioni divergenti tra i partner della coalizione" e sottolineato che "questa non è una decisione nel merito del caso". Hanno preso parte alla decisione, oltre alla cancelliera, il vice-cancelliere Sigmar Gabriel e i ministri di Esteri, Interno e Giustizia. La Merkel ha anche aggiunto che Berlino si prepara a eliminare dal codice penale l'articolo 103 che punisce gli insulti contro un rappresentante di uno stato straniero, reato passibile di una pena di 3 anni di reclusione.

Gli esperti del ministero degli Esteri, della Giustizia e della leadership del governo hanno analizzato per cinque giorni la richiesta di Ankara prima di prendere una decisione in merito. In ballo c'erano infatti da una parte la relazione con la Turchia, dall'altra il rispetto delle libertà di espressione. Il caso non ha precedenti in Germania ed ha suscitato polemiche nel Paese.

La Turchia ha sostenuto che la poesia di Boehmermann non era diretta solo contro Erdogan ma anche contro tutto il popolo turco ed ha chiesto formalmente alla Germania di avviare un'azione penale contro il comico. E lo stesso Erdogan ha presentato lunedì una denuncia personale davanti alla procura. I due procedimenti sono indipendenti.

Tutto è iniziato con l'irritazione di Ankara per un programma di satira politica, 'extra 3', trasmesso dall'emittente pubblica NDR, che aveva trasmesso un rap in cui si criticava la gestione di Erdogan. Come reazione alle critiche turche, Böhmermann ha letto un poema intitolato "Critica diffamatoria" il 31 marzo nel suo show televisivo di satira 'Neo Magazin Royale' trasmesso dall'emittente pubblica ZDF.


il video





Böhmermann by Merkel    Marian Kamensky
Böhmermann by Merkel

15 Apr 2016




TRENTA DENARI TEDESCHI
La politica è piena 
di personaggi miserabili e traditori.
Neanche gli stati più civili ne sono immuni 
e la vergognosa vicenda di questi giorni, 
che vede protagonisti la Merkel 
ed il comico Boehmermann, ne è la prova.
La Germania vende la pelle e la libertà di opinione 
di un suo cittadino 
agli sporchi traffici con il dittatore Erdogan, 
assassino di Curdi e complice dell'ISIS.


Leggi qui la notizia

Roberto Mangosi




Erdo-man    Bart van Leeuwen
Erdowie, Erdowo, Erdo-man!

15 Apr 2016
humor
BY JOEP BERTRAMS, THE NETHERLANDS - 4/13/2016




Martin Rowson on the row between Merkel and Erdoğan – cartoon




L.H.O.O.Q.
Cara signora Merkel sono lieto di informarLa che qui in Europa la gente può permettersi di fare un paio di baffi alla Gioconda senza timore di essere accusati di diffamazione.
Per gentile concessione di Mr. Duchamp)
(votabile su CARTOONMOVEMENT)

Gianfranco Uber




The Jester's Hood    Enrico Bertuccioli
Merkel lets comedian face prosecution for Erdoğan poem. German chancellor under fire for agreeing to Turkish president’s request for prosecution of Jan Böhmermann. Hard times for satire...

16 Apr 2016






LINK:
Germany Turkey: Merkel allows inquiry into comic's Erdogan insult(BBC)

giovedì 14 aprile 2016

La vignetta di Vauro su Casaleggio


La vignetta di Vauro sulla notizia della morte di Gianroberto Casaleggio ha scatenato feroci polemiche sui social. Pubblicata su Twitter  a poche ore dalla morte dell'inventore dei 5 stelle, ritrae Beppe Grillo in versione burattino che cade dai fili e si affloscia. Come a dire: morto il burattinaio, fa la stessa fine il burattino. C'è chi si definisce disgustato, chi inveisce contro il comico toscano e chi invece difende satira e vignetta e spiega cos'è la satira.


Vauro
È morto Casaleggio
http://bit.ly/mortoCasaleggio



Le opinioni


Vincino Gallo 

martedì 12 aprile 2016

Casaleggio

Il Movimento perde la sua stella più fulgida: da oggi M4S
r.i.p
salmastro
La notizia della morte del cofondatore del M5S corre sul web

‪#‎CiaoGianroberto‬







In attesa delle vignette di cordoglio vi ripropongo un post del 2012

Rapporti Casaleggio Grillo

Casaleggio: le ricette
(" “Tutto iniziò nel 2004″, quando il comico lesse uno dei suoi libri, “Il Web è morto, viva il Web”. Da lì la svolta: “Rintracciò il mio cellulare e mi chiamò. Lo incontrai alla fine di un suo spettacolo a Livorno e condividemmo gran parte delle idee”.")



Casaleggio Grill
PORTOS / Franco Portinari


fonte


Traduzione: "Facciamoci una bella partita a ..."


Vincino per Vanity Fair


**

domenica 10 aprile 2016

Emiliano Liuzzi



un piccolo omaggio a un grande giornalista
Marilena Nardi

Emiliano Liuzzi
E' morto improvvisamente nella notte. Aveva 46 anni e lascia due figli. Prima di approdare al Fatto, ha lavorato al Tirreno e al Corriere di Livorno.

Ciao Emiliano, il ricordo di Natangelo

Paolo Lombardi in mostra ad Arezzo

E' iniziata oggi domenica 10 aprile, 
alla Feltrinelli di Arezzo, 
 la mostra di  Paolo Lombardi. 
Paolo esporrà 
molte delle sue opere satiriche e di impegno sociale. 
La mostra  con vignette di Satira Internazionale,
 sarà visitabile dal 9 Aprile e per tutto il mese.




Firmo le mie vignette LP, sono Paolo Lombardi, esordisco come vignettista nel 2008 con una vignetta su Stern magazine in Germania, in seguito vengo pubblicato su Don Quichotte Satire magazine, giornale Turco-Tedesco, in Italia ho collaborato con la rivista MAMMA che nel 2009 vince il Premio Satira a Forte Dei Marmi.
In Italia ho collaborato per un breve periodo con il Vernacoliere, poi sporadiche apparizioni su L’Unità, Liberazione, La Repubblica , L’Espresso, e vari giornali locali, ho partecipato a varie mostre e concorsi , la più importante al Museo della Satira a Forte Dei Marmi.
Ma è soprattutto all’estero che riesco ad avere più visibilità e successo, collaboro con l’agenzia Olandese Cartoon Movement che mi ha pubblicato sul settimanale 360 Week Magazine, poi pubblicazioni in vari blog , Iran Cartoon, Brazil Cartoon, Syria Cartoon, molte sono le mostre a cui ho partecipato in Brasile nella città di San Paolo e Rio De Janeiro,  Museo Humor di Buenos Aires,  alla Galleria d’arte Nazionale di Istanbul.
A Maggio 2016 sarò in mostra alla corte Internazionale di Giustizia dell'Aia Olanda
A Giugno sarò in esposizione a New York presso la sede ONU.

















“Paolo è artista tignoso, satirico, 
inquieto. Operaio disegnante 
che non si arrende alle ingiustizie
 dal suo pianerottolo al mondo.

 Ho conosciuto Paolo, 
e quel bianco e nero secco 
sulle ingiustizie me lo ha sempre
 fatto apprezzare. 
Poi è cresciuto artisticamente 
senza mai lasciare il suo stile e la sua
 sensibilità che ha regalato a chi la sa apprezzare. 
E sono molti, moltissimi quelli fuori dall’Italia, 
quelli a cui regala, quasi quotidianamente, 
il suo pensiero disegnato. 
Grazie Paolino, e attendo
 il prossimo fendente preciso di nero.”
Mauro Biani

venerdì 8 aprile 2016

Indignazione per l'intervista di Riina a Porta a Porta

Gava

« Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente! »
Peppino Impastato

Peppino Impastato fece una radio, dove tutti i giorni lo diceva ad alta voce:
LA MAFIA È MERDA!!!
Nessuno l’ha mai chiamato in televisione.
L’hanno ammazzato il 9 maggio 1978



Il 7 aprile 2016 il figlio di Toto Riina è ospitato a Porta a Porta a presentare il suo libro.



Porta a Porta
Cecigian



Puntatotona
Tiziano Riverso



 Far parlare congiunti di Reina non ha alcun senso se non di spazzare la residua credibilità della televisione pubblica e offendere il paese.

Vespa consiglia di usare il telecomando se qualcosa non vi piace.
La stessa cosa che faceva Brusca.
[cit.]
Certo...cosa che faccio regolarmente...peccato che sia costretta pagare il canone per mantenere una montagna di immondizia.


Mario Airaghi




Sulla questione è intervenuto anche Pietro Grasso. Il presidente del Senato commenta su Twitter: «Non mi interessa se le mani di #Riina accarezzavano i figli, sono le stesse macchiate di sangue innocente. Non guarderò @RaiPortaaPorta». «In 20 anni di Porta a Porta Vespa non si è mai occupato del delitto di Piersanti Mattarella e non ha mai invitato in studio il fratello, oggi presidente della Repubblica. Adesso invita il figlio del carnefice. È questo il nuovo servizio pubblico?», si chiede il deputato del Pd e segretario della commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi. Interviene anche Ernesto Magorno, deputato Pd e componente dell’Antimafia: «La Rai ascolti l’appello della presidente Bindi e ci ripensi. La presidente e il direttore generale della Rai intervengano. C’è il rischio che proprio dalla prima rete del servizio pubblico il figlio del boss mandi messaggi e segnali di natura inquietante e inaccettabile. Siamo sicuri che sia questo il tipo di giornalismo di cui ha bisogno il servizio pubblico?».



Salvatore Borsellino batte Salvo Riina con un post su Facebook: 7 milioni di utenti contro 1 milione di telespettatori
Tiziano Riverso






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Mafia: bufera per l'intervista di Vespa a Riina jr a Porta a Porta. Vertici Rai: "Nessun negazionismo"
Dg azienda sentito insieme alla presidente Monica Maggioni in Antimafia
07 aprile ANSA

Presa di posizione del dg e della presidente della Rai Antonio Campo Dall'Orto e Monica Maggioni dopo le polemiche per l'intervista di Bruno Vespa. "Da noi nessun negazionismo", ha detto la Maggioni che ha però evidenziato che Riina jr ha dato in sostanza un'intervista da mafioso. Intanto il direttore ha fatto sapere che dal primo settembre ci sarà una supervisione giornalistica.

"Questa è una fase di transizione - ha detto Campo Dall'Orto - prima abbiamo deciso di occuparci della informazione giornalistica in senso stretto, cioè delle testate, e poi dal primo settembre bisognerà riuscire ad avere una supervisione che lavori sui contenuti giornalistici ovunque essi siano. Da quel momento si dovrà decidere insieme". Lo dice il dg Rai Antonio Campo Dall'Orto in Commissione Antimafia rispondendo a domande sull' intervista di Riina jr ieri sera a Porta a Porta. Un punto sul quale arriva la secca replica del sindacato: "La chiusura della vicenda "Porta a Porta" non può consistere nell'invenzione della figura di un supervisore a priori dei contenuti giornalistici, in chiara violazione della legge e del contratto collettivo di lavoro". Lo affermano in una nota il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, e il segretario dell'Usigrai, Vittorio Di Trapani.

"Nella storia della Rai - ha puntualizzato la Maggioni - non c'e' nessun negazionismo, da giornalista capisco l'attrazione per questa storia ma c'e' il contenuto e ci sono anche le responsabilità. Nel Paese la ferita della mafia non e' una ferita del passato, ma di oggi. E per questo serve attenzione al contesto. Intervenire a priori rimanda all'idea di censura ed e' difficile accettare l'idea di censura, nei confronti di un collega con una lunga storia professionale. Su certi temi vale la pena dilatare il confronto sul come si dicono le cose che resta fondamentale". "Nel risentire il racconto di Riina jr - ha detto ancora la Maggioni - molte cose sono insopportabili. Non rinnegare la storia del padre, ad esempio. In sostanza Riina dà una intervista da mafioso. La Rai non è però appiattibile su un'intervista, perché racconta giorno per giorno le storie delle vittime della mafia".

"Non sono stati fatti pagamenti. Le domande sono state fatte in libertà e la liberatoria è arrivata alla fine", ha detto Campo Dall'Orto in Commissione Antimafia, rispondendo ai parlamentari che gli chiedevano se Riina jr avesse ricevuto un compenso e quali erano state le modalità della liberatoria. "Abbiamo chiesto spiegazioni - replica la presidente dell'Antimafia Rosy Bindi - perché se il presidente del Senato deve dare prima la liberatoria e Riina la dà dopo qualche spiegazione ci deve essere data. Io firmo sempre prima quando vado in tv, mai dopo. Le liberatorie si danno sempre prima perché altrimenti si lascia il pallino in mano a chi la deve firmare dopo".

"Come editore principale del paese - ha detto anche il dg Rai -, supportiamo la lotta alla mafia con grande passione. L'azienda non ha nessun dubbio sul significato del servizio pubblico. Per questo abbiamo consegnato alla Commissione una cartella con tutto il lavoro fatto a sostegno della lotta alla mafia negli ultimi otto mesi".

La Commissione parlamentare Antimafia - dunque - ha convocato i vertici Rai, ovvero la presidente della Rai Monica Maggioni e il direttore generale Antonio Campo Dall'Orto, per una audizione urgente sulla vicenda dell'intervista al figlio di Riina nella trasmissione Porta a Porta su Raiuno.

Il presidente del Senato Pietro Grasso, intervenendo alla Luiss, ha detto: "Io penso che il servizio pubblico non debba avere limiti all'informazione, ma deve imporre un diverso grado di responsabilità e di serietà. Non si può banalizzare la mafia, non si ci si deve prestare a operazioni commerciali e culturali di questo tipo, e una puntata riparatoria non giustifica, anzi sembra mettere sullo stesso piano il punto di vista della mafia e quello dello Stato".


Vespa
Franco Portinari

Rai: Vespa, tutto questo baccano mi sorprende e addolora
Segretario generale Cei Galantino torna sulle polemiche dopo la trasmissione: 'Non si possono fare queste cose per dare spettacolo'
"Tutto questo baccano mi sorprende e mi addolora". Lo ha affermato Bruno Vespa, intervenendo a Taranto al seminario 'Parole e Giustizia. Opinione pubblica, magistrati e giornalisti a confronto sul linguaggio della legge'. All'evento partecipano anche Gianrico Carofiglio (magistrato e scrittore), Giovanni Maria Flick (ex Ministro di Grazia e Giustizia e giurista), Maurizio Carbone (Pubblico Ministero), Giusi Fasano (giornalista). Parlando delle polemiche sorte per l'intervista a Salvo Riina, figlio del boss mafioso Totò Riina, durante la puntata di Porta a porta del 6 aprile, Vespa ha detto che "tutti hanno intervistato tutti. Tutti i capi mafia sono stati intervistati. Biagi ha intervistato Luciano Liggio e Sindona. Joe Marrazzo ha intervistato Piromalli e Cutolo. Non hanno risparmiato nessuno. Vespa intervista il figlio di Riina, non il boss Riina, e succede tutto questo bordello. Lascio a voi il commento". Il conduttore di Porta a Porta ha risposto anche a don Ciotti precisando che "Libera era stata invitata prima dell'intervista a Riina per mostrarci quello che loro hanno fatto con i beni sequestrati alla mafia e hanno detto di no. Poi abbiamo annunciato l'intervista a Salvo Riina e chiesto a don Ciotti di venire, ma ha detto di no. Sono contento che abbiamo avuto in trasmissione un importante rappresentante dell'associazione anti-pizzo".
"Mi sono rifiutato assolutamente di vedere la trasmissione" con ospite il figlio di Totò Riina e "qualora venissi invitato a 'Porta a Porta' non andrò per non sedere sulla stessa poltrona. Non ci andrò mai lì dentro. Non sono stato chiamato e spero che non mi chiamino mai. Non si possono fare queste cose per dare spettacolo". Lo ha detto il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ai microfoni del Tg2000, il telegiornale di Tv2000.
"Sono uno di quelli - ha aggiunto mons. Galantino - che non ha visto e voluto vedere 'Porta a Porta'. Mi sembra che sia sacrosanta la protesta nei confronti della Rai e di alcuni giornalisti. Si può anche far andare il figlio di Riina in televisione ma non devono guidare le danze e fare loro lo show per spiegarci cosa non è la Mafia. Bisogna avere giornalisti intelligenti, non inginocchiati, che sappiano fare le domande che la gente vuole fare a queste persone. Non i perbenisti ma la gente che ha avuto danni gravi e parenti ammazzati. Abbiamo avuto tutti dei danni da questa gente".

giovedì 7 aprile 2016

GB: cartoonista dell'anno 2015 Morten Morland


Cartoonista 2015 della stampa inglese

  è stato proclamato Morten Morland,
 
  disegnatore  del Times

Camila Batmanghelidjh



House of Lords


Philae Lander




Cartoonist of the Year 2015

Morten Morland

The Times


Philae Lander Page   Philae Lander Page 
Camila Batmanghelidjh Page   Camila Batmanghelidjh Page 
House of Lords Page  House of Lords Page

http://pressawards.org.uk/page-view.php?pagename=winners-2015



mercoledì 6 aprile 2016

"Alla ricerca della pecora Fassina" di Staino



Carissimi,
è uscito oggi, pubblicato dalla casa editrice Giunti, il libro che raccoglie tutte le mie strisce sulla ricerca della pecora Fassina pubblicate quotidianamente da luglio a novembre scorsi sulla rinata Unità. In aggiunti ci sono 24 tavole inedite che formano l'appendice "Vent'anni dopo". Il titolo è "Alla ricerca della pecora Fassina" ma assai più interessante per me è il sottotitolo: "Manuale per compagni incazzati, stanchi, smarriti ma sempre compagni". Se vi riconoscete in questa categoria oppure ci riconoscete un vostro parente o un vostro amico, cercate di comprarlo. Per saperne qualcosa di più cliccate su questo link dove troverete, fra l'altro, l'introduzione che mi ha scritto la dolcissima Ellekappa: http://www.unita.tv/focus/bobo-e-i-compagni-che-resistono-staino-alla-ricerca-della-pecora-fassina/


PRESENTAZIONI

- Domenica prossima 10 aprile, ore 11, auditorium di Scandicci. Con me, Raffaele Palumbo e con la partecipazione di Ellekappa.
- Martedì 12 aprile, ore 18.30, libreria Feltrinelli Duomo di Milano. Con me, Giuliano Pisapia, Daria Colombo e Claudio Bisio.
- Mercoledì 20 aprile, ore 18, Feltrinelli Galleria Alberto Sordi, Roma. Con me, Marianna Rizzini, Francesco Piccolo e Walter Veltroni

Sono in preparazione altre presentazioni tra cui il Salone del Libro di Torino. Se qualcuno di voi è interessato a organizzarne una può mettersi in contatto con Monica Malatesta: monica@agenziamalatesta.com

Un abbraccio


Sergio




Una delle prime striscie della storia de "Alla ricerca della pecora Fassina"


Introduzione di ellekappa
Prequel 
In una Italia piegata dalla crisi economica, scompaginata dalla comparsa sulla scena politica dell’ennesimo partitoazienda dell’anziano comico in disarmo Grillo, e dove la ragione viene sopraffatta da un pervasivo cyber-populismo tanto strumentale quanto culturalmente miserabile, niente si crea, molto si distrugge e tutto si confonde. Il PD non perde ma non vince. I grillini non vincono ma non perdono. Berlusconi perde ma continua a ricattare il Paese come se avesse vinto. In questa fase di stasi letale in cui solo i vaffanculo a 5stelle sembrano dettare l’agenda politica dell’Italia, Matteo Renzi cavalca l’onda dello smarrimento generale e nel giro di un tweet asfalta Bersani e gran parte della classe dirigente del PD. Mentre il Renzismo (secondo Staino, malattia infantile del Dalemismo) dilaga, e il PD in piena crisi esistenziale – come da tradizione – si divide in due e la metà che considera Renzi un usurpatore si divide in tre, Civati, Fassina e altri lasciano il partito. Si sa che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a disegnare, e così Sergio Staino, armato di sacrosanta esasperazione di fronte all’ennesimo tentativo di suicidio politico di questo partito e in una torrida estate – la più calda da quando esistono le rilevazioni meteo – prendendo a pretesto proprio la fuoriuscita di Fassina, si avventura in un trekking mozzafiato tra i protagonisti del dibattito che ha incendiato la già di suo rovente estate del 2015. Ovviamente Sergio, che non è tipo da sottrarsi alla rissa globale, riesce a ritagliare per sé il ruolo di uno dei principali piromani. Per chiarimenti citofonare Cuperlo.
Premessa
Alla ricerca della pecora Fassina ha come sottotitolo Manuale per compagni incazzati, stanchi, smarriti ma sempre compagni. E già da qui si può ragionevolmente affermare che Sergio Staino è un inguaribile ottimista.
Istruzioni per l’uso
La lettura è consigliata a un pubblico adulto di sinistra accompagnato da figli o conoscenti giovani, che possano tenerlo per mano nelle scene più crude in cui l’Autore affonda le mani nella carne viva delle contraddizioni ideologiche.
Road Map
Bobo elegge a compagno di viaggio nel girone infernale delle polemiche Marlonbrando, un piccolo Virgilio rom che in questa storia ricopre il ruolo che solitamente Staino affida alla sua famiglia, quell’ancoraggio alla concretezza che rende stridente il contrasto tra la paralizzante etica dei princìpi e la realtà. Una scelta non casuale, nel clima di becero razzismo che attualmente avvelena il Paese. Sergio, che tra tesi e antitesi risolve con lo spiazzamento, dipinge un Renzi multitasking e superficiale, il “pallonaro fiorentino” sempre incollato al suo smartphone dal quale controlla e dirige tutto e tutti, sorvolando su ogni difficoltà e dissenso con il suo ormai proverbiale «Ce ne faremo una ragione». Regala una spettacolare zuffa con un Cofferati ormai tramontato nei suoi rancori personali. Stigmatizza una minoranza dem che anziché dare sostanza alla sua identità e ai suoi progetti diventa parodia inseguendo in una escalation di fallimenti prima Tsipras, poi Podemos, infine Corbyn. Ricorre a Shakespeare per spiegare la liaison che sfuma nella psicanalisi tra D’Alema e Cuperlo. Solo per citare alcuni degli episodi e dei protagonisti di questa storia in cui vengono raccontati, con la consueta sincerità ai limiti dell’autolesionismo di Staino, tutti ma proprio tutti i personaggi che contribuiscono ad affollare quel bizzarro e rissoso saloon che è la sinistra italiana. E sullo sfondo il dramma dei migranti, la guerra e l’indescrivibile caos politico, morale e materiale di Roma. Come Staino sia riuscito a tenere tutto insieme lo scoprirete solo leggendo.
Considerazioni finali
Ho letto questa storia striscia dopo striscia e l’ho molto amata, per la bellezza in sé, per la complessità della struttura e perché dentro ci ho ritrovato tutta l’intensiellekappa tà dei sentimenti che hanno spinto Sergio a scriverla. Bisogna avere decisamente coraggio, in questa epoca di comunicazione deformata dallo stradominio dei social in cui per essere considerati “fichi” bisogna gettare palate di fango sul Partito Democratico e poi correre a controllare sulla mitica rete quanti I like si è totalizzato, per dichiarare pubblicamente il proprio amore per questo partito (s’incorre nel processo inverso del linciaggio mediatico) pur conoscendo tutti i suoi difetti. Bisogna essere ostinati per trovare ancora – nonostante tutto – l’energia per richiamare tutti alla necessità della coesione in un partito sempre incerto tra la via Emilia e il West. E ci vuole l’orgoglio e la certezza della propria storia politica per avere la capacità di saper cambiare rimanendo se stessi in una realtà che intorno a noi cambia ogni giorno alla velocità della luce e non fa prigionieri. Ecco, Sergio Staino dentro ci ha messo tutto questo e anche molto di più. Con tutta l’ironia, la passione e l’affetto per questa banda di picchiatelli di cui è capace.
Post-scriptum
Riassunto dei tre più grandi insegnamenti che si traggono alla fine della storia: l primo miglior piatto dalle origini dell’uomo sono i tortellini in brodo; il secondo miglior piatto dalle origini dell’uomo sono le tagliatelle al ragù; il peggiore dei governi di sinistra è comunque sempre migliore del miglior governo di destra.


Aggiungo la presentazione di Bisio:
L'amico Claudio Bisio che doveva presentare il mio libro con Giuliano Pisapia e la scrittrice Daria Colombo alla Feltrinelli di Milano, domenica mattina ha avuto un incidente con la moto ed ora è immobilizzato con la caviglia ingessata. Ieri pomeriggio all'iniziativa suddetta la sua compagna, Sandra Bonzi, ha letto questo suo messaggio. Ve lo invio perché mi sembra divertente e gratificante per il mio libro ma soprattutto interessante per gli elementi politici in esso contenuti. Mi dispiace di non avere il testo degli altri due interventi perché tutti sono stati contributi di estremo interesse.
Un abbraccio
Sergio


Strana storia intrecciata, quella di Sergio e mia.
Vabbè, lui molto, molto, molto più anziano, però con alcuni punti di contatto.

Ad esempio un passato da extraparlamentari (di sinistra, s’intende). Lui più sullo stalinismo, io più sul trotskismo. 

Poi lui, con ampia revisione, approda in seno al grande Partito (comunista, s’intende).

Io resisto un po’ di più, anzi decisamente di più (Democrazia proletaria, per capirci).

Ci si incontra nella raitre di Guglielmi. Lui mi volle e, diciamo così, è anche un po’ colpa sua se ho iniziato a fare televisione.

Poi io Mai dire gol, le Iene, Zelig (su mediaset, guarda un po’) e lui Tango e l’Unità.

Ma l’amicizia è rimasta, anzi, tra menti libere si è rinsaldata.

Io comincio a gravitare in Toscana, nel Chianti, non lontano dalla Scandicci di Sergio e Bruna e la frequentazione aumenta. Io gli porto Pennac, lui mi porta Guccini. Paolo Hendel c’è sempre. E sono risate, bevute, mangiate, chiacchierate, discussioni sempre accese, su tutto. Mai giocare a Trivial se c’è Adriano Sofri nei dintorni, perché sai che perderai. E a nessuno di noi piace perdere.

L’amico comune Fabio Picchi, sano ristoratore fiorentino (oggi si direbbe chef stellato) inventore con la mia amica e collega Maria Cassi del Teatro del Sale, un giorno mi vuole presentare un giovane di Rignano che ha appena vinto le primarie per il comune di Firenze contro l’apparato del Partito, quello di Sergio (nel frattempo non più comunista ma democratico… beh, meglio, visti i tempi). 

Sergio si infuria, non gli piace. Non ho mai capito perché, provate a chiederglielo voi. 

Il resto è quasi storia, anzi cronaca. 

Non so cosa abbia votato Sergio alle primarie del Pd. Se volete vi dico per chi ho votato io. 

Alle prime che contrapponevano Bersani a Renzi, ho votato Marino… (vietato ridere)

Alle seconde, quelle che contrapponevano Renzi a Cuperlo ho votato Civati (vietato piangere).

Non so Sergio, ma provo a immaginare: Bersani e Cuperlo?!?

Posso anche dire che alle recenti primarie per il sindaco di Milano non sono andato a votare (è la prima volta in vita mia, vorrà dire qualcosa?). Non capivo proprio le differenze tra Maiorino e la Balzani. Giuliano, vuoi spiegarcele tu?... Lascia stare, troppo tardi. Ora ha vinto Sala e non si discute. E chi dice che Sala e Parisi sono uguali mente sapendo di mentire. Provate a immaginare sul palco di un ipotetico Parisi vincitore: Salvini, Formigoni, Berlusconi, Moratti, La Russa, De Corato… mi fermo o vado avanti?

Ricordando il doppio arcobaleno di piazza Duomo quando vinse Giuliano e tutta la Milano arancione era in festa, molta nostalgia e un po’ di scoramento mi viene.

Ma poi leggo (in anteprima, che fortuna, grazie ancora amico Sergio!) “Alla ricerca della pecora Fassina” e mi torna tanto buonumore e un po’ di speranza. Mi sembra che con tutti gli incroci di questi decenni io e Sergio siamo arrivati a una stessa conclusione, quantomeno a una medesima sensibilità. 

Se non avessi un piede rotto e pulsante (ingessato e appeso) vorrei essere lì con voi e fare tante domande a Sergio, a Daria, a Giuliano, al pubblico… anche un po’ provocatorie. Vorrei chiedervi di Fassina, appunto, ma anche di Cofferati. E pure di Basilio Rizzo. 

Mi piacerebbe chiedervi cosa vuol dire essere di sinistra oggi, cosa vuol dire amministrare da sinistra una città come Milano, chiedere a Sergio se quel partito lì, che ha cambiato tanti nomi, gli piace ancora, è ancora il suo e se pensa davvero, come scrive nel suo bellissimo e divertentissimo libro, che Fassina, dopo avere fondato e successivamente sciolto il SI, il BE’, il MAH, il PERO’, alla fine fonderà il NO, un movimento di sinistra in cui nome e programma coincidono.


Scusate, ora devo scappare perché mi sta squillando il telefono.
Ciao Matteo, dimmi…”


Claudio Bisio.

Charlie Hebdo: Panama Papers

Charlie Hebdo n° 1237 du 6 Avril 2016
Terrorismo fiscale


martedì 5 aprile 2016

Charlie Hebdo : "Papa où t’es?"


Charlie Hebdo du 30 Mars 2016, n° 1236




Cosa dice l’editoriale di Charlie Hebdo di cui si parla da giorni
Si chiede se il terrorismo non sia in qualche modo conseguenza dell'aver rinunciato a criticare le religioni, Islam compreso, per paura di essere definiti "razzisti"

Da qualche giorno si è tornati a discutere di Charlie Hebdo, giornale satirico francese la cui redazione fu attaccata da alcuni terroristi islamisti nel gennaio del 2015. Otto giorni dopo gli attacchi di Bruxelles, su Charlie Hebdo è stato pubblicato un editoriale in cui ci si chiede se l’aver rinunciato a criticare e a mettere in discussione le religioni, compreso l’Islam, per paura di essere definiti “islamofobi” o “razzisti”, non abbia in qualche modo contribuito a creare il clima che ha reso possibili gli attentati terroristici degli ultimi mesi in Francia e Belgio. Il terrorismo, insomma, accade anche perché la libertà di parola è stata in qualche modo frenata e perché il silenzio ha preso il posto del pensiero critico.

L’editoriale
L’editoriale di cui si discute è stato pubblicato nel numero di Charlie Hebdo del 30 marzo e si intitola, nella sua versione inglese, How did we end up here? (“Come siamo arrivati a questo punto?”). L’editoriale inizia con un elenco delle cause degli attacchi di Bruxelles indicate dagli “specialisti”: l’incompetenza della polizia belga, la disoccupazione giovanile, l’isolamento degli immigrati in certi quartieri di Bruxelles. «Le cause sono molteplici e ognuno sceglie quella che più gli si addice in base alle proprie convinzioni». In realtà, prosegue l’editoriale, «gli attacchi sono la punta di un grande iceberg. Sono la fase finale di un processo di intimidazione e silenzio cominciato molto tempo fa» che ci ha reso incapaci di parlare e di criticare apertamente l’Islam.

L’editoriale fa diversi esempi. Il primo riguarda Tariq Ramadan, un intellettuale, scrittore e professore che si occupa di Islam, che è musulmano e che la scorsa settimana ha parlato all’Istituto di studi politici di Parigi conosciuto come Sciences Po, una prestigiosa università francese. Charlie Hebdo dice che Tariq Ramadan «non fa nulla di sbagliato»: insegna l’Islam, scrive di Islam, «si propone come un uomo del dialogo» aperto al dibattito sulla laicità che, secondo lui, «ha bisogno di adattarsi al nuovo posto che la religione ha occupato nelle democrazie occidentali» che devono dunque accettare anche le tradizioni dalle minoranze che accolgono. Il compito di Ramadan, dice l’editoriale, è quello di dissuadere le persone a criticare l’Islam: «Gli studenti di scienze politiche che lo ascoltavano la scorsa settimana, una volta diventati giornalisti o funzionari locali, non avranno il coraggio di scrivere o dire nulla di negativo sull’Islam. La piccola incrinatura della loro laicità che è stata fatta quel giorno porterà il frutto di una futura paura a criticare per non apparire islamofobi»:


Tariq Ramadan non prenderà mai in mano un Kalashnikov per sparare a un giornalista. Non preparerà mai una bomba per attaccare un aeroporto. Altri faranno quelle cose. Non è il suo ruolo. Il suo lavoro, presentato come dibattito, è quello di dissuadere le persone dal criticare la sua religione in ogni modo.

L’editoriale suggerisce poi di prendere come esempi una donna con il velo e un panettiere musulmano: «Perché preoccuparsi di loro?». Nell’indossare il velo e nel non servire panini con il prosciutto, nessuno dei due sta facendo qualcosa di sbagliato. La donna è improbabile che nasconda una bomba sotto il suo burqa come alcune persone hanno sostenuto quando in Francia era in discussione la legge per vietarlo: perché allora chiederle di non vestirsi come vuole? Il fornaio con la barba lunga non infastidisce nessuno, è integrato e ben voluto dalla comunità: perché cambiare fornaio anche se non serve panini con il prosciutto? «Sarebbe sciocco continuare a lamentarsi o gridare allo scandalo. Ci si abitua abbastanza facilmente. Come Tariq Ramadan ci insegna, ci adattiamo».

Charlie Hebdo arriva infine a parlare degli attentatori di Bruxelles. Fino al momento di farsi esplodere all’aeroporto e alla stazione, non avevano fatto niente di male, dice l’editoriale: conoscevano poco la storia della loro religione, il colonialismo, o le tradizioni del paese dei loro antenati. Hanno chiamato un taxi per l’aeroporto di Bruxelles «e ancora, in quel preciso momento, nessuno di loro aveva fatto qualcosa di male. Non Tariq Ramadan, né le donne con il burqa, non il fornaio e neppure questi giovani». Eppure, «niente di quello che stava per accadere all’aeroporto o alla metropolitana di Bruxelles poteva davvero succedere senza il contributo di tutti». Senza cioè il clima che si è venuto a creare per cui tutti rinunciano a parlare dell’Islam e dei suoi problemi per paura di far nascere delle controversie ed essere accusati di islamofobia. Le due cose, sostiene Charlie Hebdo, sono direttamente collegate.

L’editoriale si conclude spiegando che il terrorismo è solo la parte conclusiva di un processo già iniziato, che impone di non parlare, di non contraddire e di evitare il dibattito, che recita «tenete a freno le vostre lingue, vivi o morti. Rinunciate a discutere o a contestare». Ma, si chiede Charlie Hebdo, «come diavolo siamo arrivati a questo punto? Come diavolo ho fatto a finire a dover girare per la strada tutto il giorno con un velo sulla testa? Come diavolo sono finito a dover pregare cinque volte al giorno? Come diavolo sono finito nella parte posteriore di un taxi con tre zaini pieni di esplosivo?».

Le critiche
Subito dopo la pubblicazione, l’editoriale è stato molto criticato. Per il fatto che i musulmani osservanti vengano descritti come corresponsabili del terrorismo, innanzitutto. Alcune di queste critiche sono state riportate dal Guardian: Shadi Hamid, studioso di scienze politiche, ha descritto l’editoriale come “bigotto” e “pigro”. Altri hanno spiegato che Charlie Hebdo non sta facendo satira sull’Islam, ma lo sta semplicemente demonizzando, altri ancora hanno paragonato i toni dell’editoriale a quelli usati contro gli ebrei prima della Seconda guerra mondiale. Lo scrittore Teju Cole, che già in passato aveva criticato il tono delle pubblicazioni diCharlie Hebdo, ha paragonato la retorica dell’editoriale a quella di Donald Trump e dei nazisti.

In pochi, in sostanza, ci hanno visto una vera difesa dei valori democratici. Nesrine Malik, scrittrice e commentatrice di origine sudanese che vive a Londra, sempre sul Guardian, ha scritto che per Charlie Hebdo non esiste, in pratica, un musulmano innocente. Tutto questo, scrive Malik, «non ha a che fare con la libertà di espressione. Ha a che fare con una licenza. La licenza a sospendere l’intelligenza, il giudizio obbiettivo e tutte le altre facoltà che frenano la rabbia, la confusione e il pregiudizio dall’essere lanciate contro un obbiettivo». Scott Timberg, su Salon, ha scritto che la cosa peggiore dell’editoriale di Charlie Hebdo è che usa la difesa dei valori democratici di cui la libertà di espressione fa parte per una rabbiosa argomentazione antireligiosa.
(fonte)





Attentats et caricatures

Encore une couverture de Charlie Hebdo qui va faire parler d’elle. Riss persiste et signe. A une semaine des attentats de Bruxelles, il propose un Stromae chantant son tube célèbre Papa où t’es? entouré de membres humains qui volent dans tous les sens. Un des seuls à ne pas avoir pris Tintin comme porte-parole. La semaine précédente c’était une islamiste en burqa tournant la roue de la fortune pour tirer au sort la prochaine ville qui aura la chance d’avoir son attentat! C’est au nez et à la barbe des terroristes qu’il rit. Pas à ceux des victimes ou de leurs familles. Charlie n’est que du second degré, quand il n’est pas du troisième.
Je comprends qu’on puisse ne pas apprécier cet humour noir. Je comprends que beaucoup ne soient pas d’humeur à rire en ce moment. Et encore moins de rire jaune. Je comprends que d’aucuns puissent se sentir blessés ou du moins mal à l’aise au vu des dessins.
Mais il faut aussi comprendre Charlie et Riss. Si Charlie fait dans la compassion, si la peur de choquer et de faire de l’humour l’emporte, si l’humour noir est mis sur un même pied que la haine assassine obscurantiste, alors c’est la victoire de la terreur!
Il faut comprendre que l’humour est devenu une forme de résistance. Et aujourd’hui plus que jamais!
Charlie a payé cher le prix de sa liberté de ton et d’expression. Très cher. Trop cher.
Si ce n’est pas de votre goût, ne le lisez pas. Si comme moi vous comprenez, alors défendez-le.

Charlie Hebdo sur i 24 news

La semaine dernière j’ai été invité à parler de la couverture de Riss qui parodie Stromae avec Papaoutai. Une couverture que j’ai défendue car pour moi Charlie est un indice de l’état de santé de la démocratie, cette démocratie si mal comprise et trop facilement mise à mal par un public de plus en plus large qui se lache sans gène sur les réseaux sociaux.
Voir à partir de la 20ème minute.
http://www.i24news.tv/fr/tv/revoir/journal-du-soir/x40toyn#/journal-du-soir/x40toyn
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Il testo della canzone di Stromae
Stromae, per alcuni critici il Jacques Brel del XXI secolo, ha dedicato il testo di «Papaoutai» a suo padre, una delle centinaia di migliaia di vittime del genocidio. Il singolo è stato estratto dal disco dal titolo «Racine Carrèe», pubblicato lo scorso 16 agosto 2013 da Universal. Nel brano a parlare è un bambino che chiede alla madre dov’è il padre: «Mamma dice che quando si cerca bene si finisce sempre per trovare qualcosa». La risposta è che il padre non è lontano. Non in senso geografico, però. Nella seconda parte il «non più giovane» Stromae capisce che sta diventando adulto, che sarà lui un papà, e che non c’è nessun papà per lui: Tuttavia, che ci crediamo o no ci sarà un giorno in cui ci crederemo eccome, un giorno o l’altro saremo tutti papà e da un giorno all’altro saremo tutti andati». La canzone si chiude quindi con una preghiera, un’implorazione a un padre-Dio, implorandolo di farsi vedere: «Dimmi dove sei nascosto! Devi farlo… Fallo almeno prima che conti le dita altre mille volte».
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