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lunedì 12 marzo 2018

Appello contro il genocidio di Afrin


© Zerocalcare


L’Amministrazione autonoma di Afrin ha rilasciato un appello al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite allo scopo di fermare il massacro dello Stato turco contro i civili. L’Amministrazione autonoma del cantone di Afrin in Siria settentrionale ha rilasciato un comunicato alla stampa, che è stato letto dal Co-presidente del Consiglio esecutivo tra le attività di ricognizione degli aerei da guerra turchi.

Şex İsa ha fatto appello al Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite allo scopo di fermare il massacro contro i civili ad Afrin, e ha dichiarato quanto segue:

” Negli ultimi giorni lo Stato fascista turco sta cercando di portare avanti attacchi contro la popolazione civile ad Afrin dal cielo e da terra. Centinaia di civili, comprese donne e bambini, sono stati massacrati a seguito di questi attacchi. Oltre agli attacchi armati, l’esercito turco invasore sta cercando anche di prendere di mira direttamente gli approvvigionamenti di acqua potabile, scuole e abitazioni. Centinaia di persone finora sono state sfollate da questi attacchi.

Con questi attacchi fascisti, lo Stato turco cerca di sfollare la popolazione del posto dalle loro terre dove hanno vissuto per migliaia di anni.

Il silenzio dell’opinione pubblica è la sola ragione della situazione ad Afrin.

Su queste basi, noi come Amministrazione autonoma del Cantone di Afrin avvisiamo le Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e sollecita loro a rompere il silenzio su questi attacchi.

Chiediamo alla Nazioni Unite e al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e alle organizzazioni giuridiche collegate di fermare gli attacchi nel cantone di Afrin A come risposta alla barbarie e alle atrocità di Erdoğan “.



ally by Joep Bertrams, The Netherlands


Olive branch
Master Chef
Non so quanti di voi hanno potuto ascoltare la puntata odierna di "Tutta la citta".
Ascoltatela o riascoltatela in podcast anche se non credo possa dare una spiegazione esaustiva all'intreccio di interessi e connivenze  che stanno provocando migliaia di vittime innocenti.
Poi ditemi comunque se non sarebbe giusto candidare Erdogan al Nobel per la pace per il nome "Ramoscello d'Ulivo" con cui ha battezzato l'attuale intervervento armato turco contro i Curdi di Afrin.
Visto  però che ormai i più probabili  assegnatari saranno Trump e Kim Jong Un,  proporrei di assegnargli quello per l'Ipocrisia.
Uber



KFP    Jalal hajir
Erdogan continues his massacre against the Kurds of the city of Afrin under the total silence and complicity of the so-called "international comminity" mobilized against the Syrian government
12 Mar 2018


Una grande colonna di civili in fuga da #Afrin nell'univo corridoio di uga, per il timore del bagno di sangue che tagliagole e esercito turco si apprestano a fare nella città con un milione di civilipic.twitter.com/YAM794Behipic.twitter.com/Kon7nLrW2N


Why are world leaders backing this brutal attack against Kurdish Afrin?
Afrin senza pace - Tutta la città ne parla RAI3
François Hollande : « Quel est cet allié turc qui frappe nos propres alliés? »
Afrin

domenica 4 giugno 2017

Siria è morta Ayse Deniz Karacagil.

Ayse Deniz Karacagil
dal libro Kobane Kalling di Zerocalcare


(E' sempre antipatico puntare i riflettori su una persona specifica, in una guerra dove la gente muore ogni giorno e non se la incula nessuno. Però siccome siamo fatti che se incontriamo qualcuno poi per forza di cose ce lo ricordiamo e quel lutto sembra toccarci più da vicino, a morire sul fronte di Raqqa contro i miliziani di Daesh è stata Ayse Deniz Karacagil, la ragazza soprannominata Cappuccio Rosso. Turca, condannata a 100 anni di carcere dallo stato turco per le proteste legate a Gezi Park, aveva scelto di andare in montagna unirsi al movimento di liberazione curdo invece di trascorrere il resto della sua vita in galera o in fuga. Da lì poi è andata a combattere contro Daesh in Siria e questa settimana è caduta in combattimento.
Lo posto qua perché chi s'è letto Kobane Calling magari si ricorda la sua storia.)
Zerocalcare

il post originale su Facebook:






E’ con queste parole che Zerocalcare, all’anagrafe Michele Rech, autore del fumetto a metà fra diario di viaggio e graphic journalism Kobane Calling, ha voluto ricordare Ayşe Deniz Karacagil, giovane turca condannata a 100 anni di carcere per le proteste a Gezi Park nel 2014, uccisa in combattimento al confine tra la Turchia e la Siria, di cui aveva parlato nel libro.

Nata ad Antalya nel 1993, Ayse Deniz Karacagil aveva partecipato alle proteste di Gezi Park nel 2013 per poi essere arrestata con l’accusa di militanza in organizzazione terroristica tra i separatisti del PKK, tra le prove la sciarpa rossa che indossava sempre, considerato simbolo di socialismo; veniva infatti soprannominata “Cappuccio rosso”. Condannata a 100 anni di carcere, era stata messa in libertà vigilata dal giudice, per poi unirsi alla divisione femminile delle milizie curde, la YPJ, impegnata nella liberazione di Raqqa dagli uomini dei Califfo al Baghdadi e nella difesa della regione autonoma del Rojava.


L'omaggio di Paolo Lombardi ( http://www.repubblica.it/esteri/2017/06/01/news/siria_morta_ayse_deniz_karacagil_combattente_curda_raccontata_da_zerocalcare-166951053/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P6-S1.4-T2 )

Ritratto di Zerocalcare

Su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli

e l'intervista di Antonio Gnoli

a Zerocalcare

Zerocalcare: "L’armadillo è la mia coscienza, che fatica stare con le persone"
Il fumettista, al secolo Michele Rech, dall’adolescenza frequenta il mondo dei centri sociali romani. Ed è grazie a questa rete che nel 2015 va a Kobane, per dare solidaretà al popolo curdo: dall’esperienza nasce la storia di "Kobane Calling"

di ANTONIO GNOLI

Come la gallina di Cochi e Renato, anche il mammut è un animale intelligente. Me lo vedo comparire effigiato su un muro della stazione della metropolitana di Rebibbia, quartiere periferico di Roma. Il pachiderma ha un'aria rassegnata. Sembra una mongolfiera uscita dalla preistoria. Sul groppone è salita un po' di gente. Sono personaggi disegnati da Zerocalcare. Questo esempio di street art porta la sua firma. Leggo delle scritte. La più eloquente dice: "Qui ci manca tutto", "Non ci serve niente". Nella sua asciutta e ironica sintesi, vale un trattato di sociologia urbana. C'è anche scritto, sulla testa del bestione: Welcome to Rebibbia.

Benvenuto dove: nel paese dei sogni, dell'autarchia, della disperazione? Rebibbia, carcere a parte, ha un'aria solida e tranquilla. Zerocalcare, al secolo Michele Rech, ci vive da sempre. Vado a trovarlo. Per la sua fama di fumettista merita di essere stanato. Ho appena letto la nuova edizione de La profezia dell'armadillo (Bao Publishing), l'esordio con cui si è imposto su lettori e critica. Zerocalcare scrive e disegna storie malinconiche e surreali, ma tutte inclini a raccontarci il suo mondo quotidiano: la famiglia, i vicini di casa, gli amici e gli insopportabili.

Sei uno complicato?
"Preferirei definirmi "complesso", mi immagino come una persona che difficilmente si lascia decifrare".

Posso dirti una cosa?
"Di' pure".

Fa troppo caldo in questa casa.
"Patisco il freddo. Vivo la casa come un rifugio. È orribile dirlo così, ma è la verità: qualunque dentro è meglio di qualunque fuori".

Ne " La profezia dell'armadillo" vivi in casa con questo animale che sembra un incrocio tra un pitbull e una tartaruga. Chi è l'armadillo?
"Rappresenta la mia coscienza, che tende a chiudersi su di sé. Ho una parte inaccessibile e so di esserne anche molto geloso. Ti sto mostrando il lato più meschino".

È un animale della preistoria, un sopravvissuto.
" Ha aggirato le leggi dell'evoluzione, attraversando il tempo. Se credessi nella reincarnazione vorrei reincarnarmi nell'armadillo".

Basta che sia il tuo alter ego.
"È la voce principale. Poi ce ne sono altre. A volte mi ritrovo ospiti in casa. Gente che si accampa nel salone per una settimana. L'armadillo si allarma; entra in ansia; mi rimprovera; mi dice: che cazzo fai, non reagisci? Buttali fuori!".

E tu?
"Provo a ignorarlo. Ma so che è la mia voce autentica. Però mi sforzo. Lascio che il flusso delle altre voci invada il mio spazio. Si lotta spesso per la vita o per la morte. Chi mi legge pensa di conoscermi, ma non è così. Per me è faticoso passare molto tempo con le persone. È faticoso andare in vacanza, anche in coppia".

Faticoso perché?
"Mi costringe a indossare una deprimente maschera sociale. Dopo qualche ora ho nuovamente bisogno di stare solo".

Quando sei solo che ti succede?
"Mi rigenero".

Voglio dire che gesti fai?
"Non lo so. A volte incastro la testa tra due cuscini del divano, da un'angolazione tale per cui riesco a vedere la televisione. Oppure vado a correre. Oppure leggo. Gesti per me normali. Mi sono molto mancati quando sono andato a Kobane".

Ti riferisci al viaggio da cui hai ricavato "Kobane calling"?
"Sì, parliamo del 2015".

Come era nato quel progetto?
"Dai centri sociali legati al popolo curdo. Abbiamo chiesto alla comunità curda di raccontarci quello che accadeva e ci sembrava tutto molto intenso e drammatico. Abbiamo deciso di andare lì, portare medicinali e imparare qualcosa da quella situazione".

In quanti siete partiti?
"In sei. Il primo viaggio è durato una decina di giorni. Siamo rimasti sul confine tra la Turchia e la Siria. La seconda volta dalla Turchia siamo entrati in Iraq e poi in Siria".

Come hai vissuto l'impatto?
" Ogni cosa che pensavo o dicevo mi sembrava, all'inizio, filtrata dalla fascinazione dell'esotico. Quando ho scoperto che era tutto vero, ho provato una grande emozione".

Questa è la tua parte accessibile?
"C'ho messo parecchio a rendermene conto".

Più o meno quando è successo?
"Potevo avere sedici anni, è coinciso con la scoperta dei centri sociali. Mi sono immerso in una vita comunitaria che crea legami molto forti. Col tempo è diventato quasi tutto il mio mondo esterno".

Non ti spaventa una dipendenza così forte?
"No, mi spaventa piuttosto sapere che questi mondi hanno difficoltà legate alla burocrazia comunale, alle minacce di sfratto e al fatto che si sta sui telegiornali solo perché sei considerato violento".

Non mi hai spiegato cosa fa un centro sociale.
" La cosa importante sono i servizi che offre al quartiere: scuole per grandi e per immigrati, palestra, cibo, concerti. Tutto a prezzi popolari, fuori dal mercato".

Resta un mondo chiuso.
"C'è un equivoco su questo. La parte chiusa, che non ha bisogno di aprirsi verso l'esterno, è quella punk, una sottocultura musicale con i suoi codici. Il lavoro politico del centro ricomprende anche la gestione dei concerti, ma non si esaurisce con essi".

Come hanno reagito al tuo successo?
" Una parte con indifferenza, un'altra storcendo un po' il naso, infine ci sono quelli cui il mio lavoro è piaciuto".

Si erano accorti della tua bravura?
"Non credo proprio. Del resto il lavoro che ho fatto per il centro sono disegni di locandine, manifesti, cose del genere su cui non interviene nessuna decisione individuale".

Nel senso?
"È l'assemblea che decide cosa disegnare e cosa scrivere".

Non ti provoca disagio?
"No, si tratta di regole. Se le accetti non ti puoi lamentare. Il disagio lo provavo per un'altra cosa. Avrei preferito spillare birra al bancone o strappare i biglietti ai concerti piuttosto che disegnare".

Perché?
"Perché il mio lavoro si svolgeva a casa, da solo, e mi atterriva questa specie di piccola catena di montaggio".

Non hai detto che ti piace stare da solo?
"Sì, ma quello che svolgevo era un lavoro comune e non accettavo di doverlo fare in solitudine".

Nella solitudine si fa altro?
"Nella solitudine stai con te stesso, con la tua parte inaccessibile. Ti racconto una cosa. Quando ho cominciato a immaginare 'sta storia e ho preso a disegnarla, mi si è aperto un problema enorme. E mo' che faccio? A chi lo dico? Come reagiranno?".

Reagiranno chi?
" Le persone del centro sociale. Avevo disegnato queste piccole storie e mi vergognavo di farle vedere. E allora le ho tenute per me, finché un giorno le ho messe sul Facebook personale".

Era un modo per raccontarti?
"Direi di sì e a pensarci credo che la molla di tutto questo sia stata la morte di un'amica".

Che cosa ti ha fatto scattare?
" Pensavo a cosa, fino a quel momento, era stata la morte di persone vicine a me. Compagni e amici che se ne erano andati e che venivano ricordati dal mio mondo politico attraverso i suoi codici: un manifesto, un concerto, un incontro. Invece la morte di Camilla mi era da subito sembrata estranea a quel mondo. Avevo il terrore che se non avessi fissato la sua immagine non l'avrei più ricordata, l'avrei persa definitivamente, cancellata anche dalla memoria".

Hai un rapporto angoscioso col tempo?
"Ce l'ho con il passato; ma anche con quello che sto vivendo. Ora, ad esempio, ho l'ansia opposta".

Cioè?
"Disegnando Camilla, mi chiedo se non stia sostituendo il simulacro alla persona vera; se quell'immagine che realizzo di lei non impoverisca la Camilla che era stata e che non sarà più".

C'è sempre uno scarto, un resto con cui fare i conti.
" Per me più che un resto è un vuoto che non riesco mai a riempire del tutto. Non è un discorso razionale che ti sto facendo; ma so che la memoria, con i suoi riti e le sue forme, tradisce immancabilmente lo spirito autentico del ricordo".

Forse è inevitabile.
"Forse è solo il frutto della mia ansia. Il mio rapporto angoscioso col tempo, si manifesta nel vedere ogni cosa dalla prospettiva della sua fine".

Hai provato a superarlo?
"Ogni tentativo di risolvere questo rapporto, mi pone immancabilmente davanti ad altre domande".

Una scappatoia è provare a viverle certe cose, senza chiedersi dove andranno.
"Non riuscirci mi fa campare male. Vorrei crearmi delle solide fortezze che mi facciano scivolare addosso tutto. Forse è questa la ragione per cui reputo molto importante l'ambiente comunitario".

Com'eri da bambino?
"Una frana introversa. Alle feste, da adolescente non ballavo, non mangiavo, non parlavo. Poi avvenne l'incontro con Camilla. All'inizio degli anni Novanta. C'era una canzone che ci coinvolse: Bailando bailando. Anche qui, l'emozione che provai allora si trasformò in routine quando trasferii quella colonna sonora nel mio fumetto".

Forse stai ancora cercando il tuo limite.
"Che intendi?".

Dove finisce il dentro e comincia il fuori. Sono due legislazioni diverse che vanno accordate.
" Per me è difficile che comunichino. Mi piacerebbe che si fondessero. Ma non ci riesco. Mi tengo la mia zona invalicabile".

Hai mai lavorato fuori dai fumetti?
"Ho lavorato in aeroporto. Cronometravo le file al check-in, cioè quanto tempo impiegava una persona per lasciare il bagaglio e avere il posto in aereo".

Che lavoro era?
"Serviva a valutare l'efficienza di chi stava allo sportello. Tra le altre cose che facevo c'era anche l'intervista al passeggero. Dovevo interrogarlo, con una scusa, e scoprire i suoi gusti, i suoi spostamenti, e alla fine farmi dare il suo cellulare che sarebbe stato usato dall'azienda per scopi pubblicitari. Venivo pagato a seconda del numero di cellulari che riuscivo ad ottenere".

Un incubo per uno come te.
"Neanche tanto, l'aeroporto mi dava la sensazione di appartenere a un mondo più ampio".

Lo rimpiangi?
"No, anche se quello che venne dopo non fu molto meglio. Trovai una collocazione in uno studio di animazione. Facevo gli storyboard. Tutte le mattine da Roma a Formello. Per strapparmi l'ansia di dosso, mi fermavo una mezz'ora a guardare un gregge di pecore".

Ansia, perché?
"Non sapevo se sarei stato capace di realizzare quello che mi veniva imposto. Un giorno mi fu chiesto di disegnare un cavallo dal basso, cioè dalla soggettiva di uno gnomo dentro un fosso. C'ho provato, senza riuscirci. E allora ho detto che stavo male e me ne sono andato. E non sono più tornato. È stato un lavoro senza talento. Non era richiesto. Anzi guai a manifestarlo".

Quando hai cominciato a disegnare fumetti?
" Il primo fumetto fu quello legato ai fatti del G8 di Genova, nel 2001. Poi sono venute le cose più personali".

Che rapporto hai con i tuoi genitori?
"Vivono nel mio stesso quartiere. I miei erano separati; sono cresciuto con mia madre. A 23 anni sono andato via di casa. Non ce la facevo più. La distanza di qualche centinaio di metri ci ha fatto bene".

Hai conservato un buon rapporto?
"In questo senso sono molto figlio. A volte mi mette in crisi vederli così fragili. Mi fa quasi rabbia".

Cosa intendi?
"Si risvegliano degli istinti orribili. Se li vedo piangere mi verrebbe voglia di allontanarli a spintoni. In quei momenti non provo nessuna empatia. È disumano. Non riesco a gestire il dolore dei miei".

Perché è troppo forte?
" Non lo so, ma è come se riversassi su di loro un'immagine che non è restituita. Uno specchio cieco".

Hai imparato a lavorare sulle tue crisi?
" Da molto tempo non faccio altro. E sono le uniche cose che riesco a raccontare bene".

La sofferenza può diventare un impedimento.
"I fumetti che mi riescono meglio sono quelli influenzati dal dolore. Quelli fatti con mestiere non mi piacciono. Il problema è che non puoi dare tutte le tue crisi in pasto al pubblico. Devi decidere quale è l'asticella. E poi saltare".

Hai molto successo, come te lo vivi?
"Non ci penso; negli ultimi anni sono stato impegnato nel lavoro. Poco tempo fa mi sono concesso un'intera giornata libera e ho sentito una nostalgia fortissima e inspiegabile. Ho ricordato di quando avevo otto anni e sentivo quella stessa malinconia verso il passato. Ho ripensato al quartiere in cui sono nato e nel quale vivo e dal quale non riuscirei mai a separarmi".


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Kobane Calling, Zerocalcare tra diario e graphic journalism

domenica 14 agosto 2016

Zerocalcare: "Il grande test che tutti dovrebbero fare prima di commentare sui Social Network"

Da Repubblica



Zerocalcare: "Troppe urla sui social ragazzi, è meglio tacere"


Dall'amore per Brecht ai rischi web, l'autore di graphic novel si confessa. E ci regala una vignetta inedita(clicca suil titolo della galleria per vederla grande)


A16 anni aveva il mito di Brecht. Oggi disegna storie che parlano di lui e del suo mondo con una esplosione di cultura pop che piace anche a chi non legge fumetti. Michele Rech, conosciuto da tutti come Zerocalcare, non vuole dare lezioni a nessuno e così passa gran parte del suo tempo a smitizzare se stesso: non sia mai che qualcuno lo consideri un intellettuale o peggio ancora un maestrino.

Cresciuto nel quartiere romano di Rebibbia tra musica punk e militanza nei centri sociali, odia gli indifferenti e forse per questo non smette di dire la sua. Si interroga sul degrado e sul senso civico, firma strisce sulle unioni civili e raggiunge il confine tra Siria, Turchia e Iraq per raccontare la resistenza curda e la guerra contro lo stato islamico (Kobane Calling, Bao Publishing). Argomenti seri, anche se affrontati con ironia, presentazioni e dibattiti in tutta Italia, l'ultimo domani a Roma: "Adesso basta, faccio una pausa, mi riprendo il diritto a parlare di ciò che voglio, anche di cose frivole ".

Lo dice, ma intanto le ultime vignette che ha disegnato e che pubblichiamo in anteprima, affondano la matita in un argomento sensibile: l'ansia di dire la propria opinione su un social network sempre e comunque, anche inzuppando le parole nell'odio.

Quali sono i limiti del commentare un fatto in pubblico?
"Non credo ci siano limiti e comunque non sono io a doverli stabilire. Io posso parlare solo di quello che trovo inquinante in un dibattito. Non mi piace questa ansia di dovere essere i primi a commentare, di farlo su qualsiasi cosa accada al mondo, dalla Brexit agli attentati terroristici, magari due minuti dopo il primo lancio di agenzia".

Ci vuole prudenza?
"Prima di postare un commento dovremmo chiederci se stiamo dando delle informazioni, un punto di vista originale o almeno degli spunti di riflessione. Se stiamo ripetendo cose già dette, stiamo solo alzando il volume e non andiamo avanti di un passo".

Qualche giorno fa, prima che Facebook oscurasse la sua pagina fan, lei ha censurato per la prima volta dei commenti... 
"Stavo promuovendo un evento dedicato a Carlo Giuliani. E ci sono stati dei commenti orribili, persone che hanno scritto di volerlo ricordare con un buco in testa. Non mi stupisce più nulla di quello che viene detto sul G8 del 2001, ormai il dibattito si è sclerotizzato. Ma non accetto che in una pagina sotto la mia responsabilità si scateni questa violenza, senza rispetto per i morti e per i vivi".


Non ha risposto a nessuno, neanche a chi criticava senza offendere.
"Genova è anche la mia storia, quelle ore mi hanno cambiato la vita e ancora adesso mi fanno venire i brividi. Non cerco di imporre la mia opinione a nessuno, ma non considero Genova un argomento di dibattito".

Dice di saper parlare "con cognizione di causa solo di teppismo e serie tv".
"So parlare solo delle cose che conosco".

E tra queste ci sono i graphic novel...
"Tra le cose più belle che abbia mai letto ci sono I solchi del destino di Paco Roca, un'opera sulla guerra civile spagnola e sull'esilio in Francia dei combattenti antifascisti, ma anche La mia vita disegnata male di Gipi e Lo scontro quotidiano di Manu Larcenet, due autori che riescono a descrivere attraverso il quotidiano una gamma di emozioni in cui mi riconosco: la paura, il dolore, i sentimenti che si provano quando la vita ci mette di fronte a certe cose, come la morte di una persona cara, la paternità e l'amore".

Ha citato solo autori a lei contemporanei. Perché?
"Mi appassiono alle cose del mio tempo. Ad esempio Pazienza l'ho scoperto tardi e distrattamente. Però il suo lavoro ha influenzato moltissimo gli autori che sono venuti dopo, tutta la scuola italiana e di conseguenza qualcosa di suo è arrivato fino a me".

Però aveva il mito di Bertolt Brecht...
"A sedici anni stavo vivendo un momento super idealista e lui toccava delle corde, usava delle espressioni che mi fomentavano ".

E dopo di lui, che autori ha amato?
"Se parliamo di scrittori che utilizzano un linguaggio universale, capace di superare le distanze tra generazioni, mi viene in mente José Saramago. Per il resto leggo molto noir americano, Don DeLillo, Edward Bunker, Elmore Leonard. Mi affascina il loro stile, nel ritmo mi ricordano le serie tv. E poi mi piacciono i francesi, Fred Vargas e Jean-Claude Izzo. Le atmosfere cupe mi hanno sempre attirato, come quelle de La strada di Cormac McCarthy. Sono una persona con un grande senso del tragico, mi lascio suggestionare da una certa retorica".

Nelle sue opere il tragico lo stempera con l'ironia.
"Perché mi vergogno, ho paura di diventare lacrimevole".

Adesso cosa sta leggendo?
" I giorni di fuoco di Ryan Gattis. È curioso scoprire un romanzo sulla rivolta di Los Angeles del 1992 mentre l'America precipita di nuovo nella violenza. Viene da pensare che la questione razziale sia solo peggiorata: allora tutto nasceva da un pestaggio, oggi da omicidi".

Legge solo romanzi?
"Leggo i romanzi per evadere dalla quotidianità. E i saggi per approfondire i temi che mi stanno a cuore".

Prima di Kobane Calling che libri ha letto?
"Per approfondire la teoria della rivoluzione curda ho letto i libri di Ocalan e Sakine Cansiz".

Crede che ci sia un momento adatto per ogni libro?
"Abbino i libri alle stagioni della mia vita. Ma se penso all'oggi mi sento smarrito, confuso... Non c'è nulla che mi piaccia veramente".

Cosa sta cercando?
"Qualcuno che mi aiuti a leggere il mondo, che sappia raccontare le cose nella sua complessità. Il problema è che quelli che lo fanno non dicono mai niente di diverso rispetto alle posizioni mainstream".

E di cosa vorrebbe occuparsi ora?
"Vorrei riprendermi il diritto a parlare di quello che voglio, anche di cose frivole".

Così conferma l'idea di appartenere a una generazione di narratori ombelicali.
"Se uno è onesto con se stesso e con il proprio lavoro, se non cerca di insegnare qualcosa, ma si limita a testimoniare quello che ha dentro, non vedo cosa ci sia di male. Se invece uno ha le qualità per fare il maestro, beh lo faccia sul serio".



martedì 1 dicembre 2015

Zerocalcare censurato

da Popoff



Nelle settimane scorse la censura aveva attaccato il popolare fumettista Zerocalcare, attivo nella piattaforma solidale Rojava Calling a sostegno della Staffetta romana per Kobane, presente sul territorio curdo con iniziative che vanno dal trasporto di aiuti, economici e sanitari, alla preziosa campagna di controinformazione. Il motivo? La vignetta che aveva disegnato e pubblicato denunciava i cruenti fatti di Cizre, cittadina all’estremo sud-est della Turchia, e per questo veniva oscurata dai guardiani di Facebook senza tante spiegazioni. Forse, il brutale massacro subito a settembre dalla popolazione civile nella cittadina del Kurdistan turco da parte dell’esercito del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan avrebbe potuto essere un dettaglio molto scomodo per il governo e per gli alleati occidentali; gli stessi infatti che si servono del regime turco in qualità di strategico avamposto militare e campo di prigionia destinato ai profughi curdo-siriani.




Nota:

"Cizre, estremo sud-est della Turchia. Il 4 Settembre 2015 un provvedimento dichiara lo stato di emergenza: viene imposto il coprifuoco 24 ore su 24. Nessuno può uscire di casa. Non c’è acqua né corrente elettrica, i cellulari non funzionano. La città è isolata dal mondo. Comincia l’assedio".

sabato 25 luglio 2015

#Suruc: la strage

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L’esplosione avvenuta davanti al centro culturale Amara a Suruc, nel sudest della Turchia e vicino al confine con la Siria, sarebbe stata provocata da una kamikaze 18enne dello Stato islamico (ex Isil o Isis). È la speculazione che riporta il quotidiano turco Hurriyet. L’attacco ha preso di mira diversi giovani che si erano radunati al centro culturale per partire per Kobane. Secondo il giornale si tratta di almeno 300 membri della Federazione delle associazioni dei giovani socialisti (Sgdf), che dovevano partire con una spedizione estiva per contribuire alla ricostruzione di Kobane, che si trova proprio oltre al confine rispetto a Suruc in territorio siriano.(fonte)






L'attentato, che ha provocato almeno 30 morti e quasi un centinaio di feriti - alcuni dei quali in gravi condizioni - ha avuto luogo mentre era in corso una riunione della Federazione delle associazioni dei giovani socialisti, convocata per organizzare l'arrivo di aiuti nella città di Kobane, il centro a maggioranza curda in territorio siriano che nell'autunno 2014 aveva subito un'offensiva dallo Stato islamico, poi respinta.

Tra settembre e ottobre 2014 circa 200.000 rifugiati curdi erano fuggiti da Kobane ed erano arrivati a Suruç. Molti di loro continuano a essere accolti in città e nei dintorni.

eye opener
BY JOEP BERTRAMS, THE NETHERLANDS  -  7/24/2015



Possibilità
Giovanni De Mauro
Volevano costruire una biblioteca, piantare degli alberi, attrezzare un campo giochi. Il più giovane del gruppo si chiamava Okan Pirinç, aveva diciassette anni e veniva da Antakya. I trentadue ragazzi uccisi il 20 luglio a Suruç, in Turchia, militavano nella Federazione delle associazioni dei giovani socialisti. Quando la bomba è esplosa si trovavano nel giardino del centro culturale Amara. Arrivavano da tutto il paese e stavano per andare a Kobane, dall’altra parte del confine, in territorio siriano, per dare una mano nella ricostruzione della città.

Okan Pirinç, Uğur Özkan, Kasım Deprem, Hatice Ezgi Saadet, Cemil Yıldız, Çağdaş Aydın, Nazlı Akyürek, Ferdane Ece Dinç, Mücahit Erol, Murat Yurtgül, Emrullah Akhamur, İsmet Şeker, Nartan Kılıç, Ferdane Kılıç, Serhat Devrim, Met Ali Barutçu, Erdal Bozkurt, Süleyman Aksu, Koray Çapoğlu, Cebrail Günebakan, Veysel Özdemir, Nazegül Boyraz, Alper Sapan, Alican Vural, Osman Çiçek, Dilek Bozkurt, Büşra Mete, Yunus Emre Şen, Ayda Ezgi Şalcı, Polen Ünlü, Duygu Tuna, Nurcan Kaçmaz: sono i nomi delle vittime identificate finora.

Erano ragazze e ragazzi che credevano nella possibilità di cambiare il mondo attraverso l’impegno politico. È per questo che li hanno uccisi.





Pourquoi un attentat en Turquie?
© Jiho (France)





Marilena Nardi ottobre 2014


Non dimentichiamo È l’unico modo per resistere all’Isis
di Joumana Haddad
L’attentato di Suruc è un vero dramma: per tutti quei morti e feriti e per via del fatto che una diciottenne fosse talmen te robotizzata da farsi esplodere uccidendo con se stessa decine d’innocenti, credendo così di compiacere il suo Dio. E quella ragazza non è un’eccezione di questi tempi, ma una «specie» in fase di moltiplicazione… La tragedia più devastante, dal mio punto di vista, sapete che cos’è? Che stiamo perdendo la facoltà di restare stupiti, scandalizzati, mortificati dalle barbarie che vediamo e leggiamo quasi quotidianamente. Stiamo diventando, un’atrocità dopo l’altra, più «spettatori», e meno coinvolti. Questo è, penso, il crimine più grande dello Stato Islamico, e in questo senso forse la sua più grande
«vittoria»: privarci della nostra facoltà di compatire e di sentirci offesi; dell’incapacità di sopportare che degli uomini siano decapitati, delle donne lapidate, dei giovani fatti a pezzi di fronte ai nostri occhi. Mi ricordo benissimo il giorno in cui, da bambina, durante la guerra civile libanese, ho camminato senza accorgermene su un cadavere mentre andavo a scuola. Fino ad oggi non posso dimenticare quella bocca spalancata a metà grido, quegli occhi vuoti che mi guardavano con dolore e vergogna. E a dire la verità, non vorrei dimenticare: non vorrei mai vivere in un mondo dove sia «normale» camminare sui cadaveri per andare a scuola in Libano, dove sia normale sentire che di persone bruciate vive in Siria e venire a sapere che una diciottenne si è fatta saltare
in aria in Turchia... Non vorrei vivere in un mondo dove noi esseri viventi saremo più morti dei morti perché avremo perso l’unica cosa che ci rende degni di vita: la nostra umanità.

Terrorism    Shahrokh Heidari
Terrorism not only reminds us of the fragility of human life, but also the fragility of our humanity.
26 Sep 2013

giovedì 6 novembre 2014

Zerocalcare ha disegnato il manifesto per Cucchi


sabato 8 novembre alle 18 in piazza Indipendenza, a Roma
una manifestazione in memoria di Stefano Cucchi
una fiaccolata “Mille candele per Stefano Cucchi”

La onlus Acad (Associazione contro gli abusi in divisa) ha organizzato una fiaccolata per Stefano Cucchi – il ragazzo morto nel 2009 mentre era in stato di fermo – in piazza Indipendenza a Roma, davanti alla sede del Consiglio superiore della magistratura, sabato 8 novembre alle 18.00. La manifestazione è stata chiamata “Mille candele per Stefano Cucchi”: Zerocalcare ha disegnato il manifesto per promuoverla, l’ha pubblicato sul suo profilo Facebook e sulla pagina dell’associazione,ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa - Onlus .
Il 31 ottobre i medici, gli infermieri e gli agenti di polizia penitenziaria imputati nel processo per la morte di Stefano Cucchi sono stati tutti assolti in appello per insufficienza di prove.

sabato 13 settembre 2014

42° Premio Satira Politica Forte dei Marmi

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO PER LA PARODIA A:

VIRGINIA RAFFAELE
[...] La Vanoni, che dice: "Eravamo io e Giorgio Strehler e stavamo per fare l’amore, poi ci siamo alzati e siamo andati via: lo stadio era pieno". Ornella non l’ha mai detto, ma avrebbe potuto.
Che Virginia Raffaele fosse talentuosa lo avevamo capito già dai tempi della Gialappa’s. Adesso, dopo la Bruzzone, Ornella Vanoni, Paula Gilberto Do Mar, la Minetti, Belen, la Pascale e la ministra Boschi, che non solo lei ma anche la permalosissima Boldrini se n’è avuta a male, la Raffaele, fuoriclasse assoluta, vince l’Oscar della satira che, come la lingua, non ha sesso. Il remake della Rodriguez e della Boschi sono capolavori di svelamento. Si fa beffe dell’una e dell’altra. E lo fa in una semplice mossa, miracoloso compendio di sopracciglia piegate e occhi sgranati. Viene dal circo e dal lunapark, è brava e intelligente. Non ce n’è per nessuno.

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO PER LA SEZIONE AUTORE TV A:

ANDREA ZALONE
Chi sta nell’ombra spesso fa più luce. Fino a diventare, sia pure controvoglia, un personaggio. E ‘il caso di questo autore raffinato - amatissimo in Piemonte per la striscia comica “Ciau bale” - che grazie alla collaborazione con Crozza ha raggiunto le grandi platee televisive, rinverdendo la tradizione italiana delle “spalle” di classe: Carlo Campanini, Mario Castellani, Gianni Agus e adesso lui, l’impassibile intervistatore di Briatore, Montezemolo e Razzi, a cui ha fatto dire la battuta forse più divertente e potente dell’anno: “L’Europa è bella, ma non ci vivrei”.

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO IL WEB A:

THE PILLS
(Luca Vecchi, Luigi di Capua, Matteo Corradini)
In un mondo sempre più spompato e prevedibile, “The Pills” rovesciano la realtà, così come la smascherano e se la portano a casa. Divani, iPhone, tavoli da cucina, scellerate discussioni inconcludenti, pezzi di Roma spremuti a secco. Tutto bianco e nero. Rega’!, la vita è cruda, ma nel parlarsi addosso si fa largo sul web una generazione sempre più scettica e autosufficiente. La potenza del gergo la riscatta. Nella frenesia del vivacchiare, tra fumo e sbandate, la commedia-lampo genera pillole di formidabile comicità.

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA “EDMONDO BERSELLI” È STATO ASSEGNATO PER IL LIBRO “TELEVISIONE”  (ED.BOLLATI BORINGHIERI) A:

CARLO FRECCERO
Perché guardando l’Italia di notte, attraverso i flussi televisivi che registra nella stanza del suo Residence, dove vive provvisorio da 25 anni, ci racconta come è fatta l’Italia instabile di oggi. Quella dove va in scena la società spettacolare che spesso ci confonde e qualche volta ci acceca. Lui riunifica i frammenti. Ci spiega che la tv ha smesso di adescare maggioranze ordinate in un palinsesto, si scioglie nella Rete, moltiplica le minoranze. E’ stata la nostra sovrana politica, ma forse saprà anche dissolversi in tante via d’uscita. Una delle quali è spegnerla.

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO PER LA SEZIONE MULTITASKING A:

MACCIO CAPATONDA
«Sogno un mondo migliore… per fortuna dormo poco!»: filosofo della stupidità liquida, esegeta del cetomedio straccione, interprete della sottoborghesia ribalda, Maccio Capatonda è riuscito a elaborare un’estetica epidemica, diffusa via web,  sull’idea che in rete il basso si vede meglio da ancora più sotto. Artista del frammento, Maccio ha elevato a opera il «Prossimamente» attribuendo al film intero il carattere di un inutile surrogato (Karl Kraus): senza bisogno di passare all’atto, basta il pensiero!

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO PER IL GIORNALISMO A:

MARCO DAMILANO
Cultore fin da giovanissimo della nota politica, Marco Damilano è il cronista del Palazzo che forse meglio di ogni altro ha assimilato la grande lezione berselliana della contaminazione alto/basso, con tanto di incursioni – frequentissime – nella tv dell’infotainment. E dunque analisi politologiche e settimanali “Top e flop” sull’”Espresso”; saggi per Einaudi e Laterza e blog sferzanti; cinema d’autore e duetti con Zoro. Esempio militante di giornalista politico-satirico multitasking.

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO PER IL CINEMA A:

SYDNEY SIBILIA  per il film “SMETTO QUANDO VOGLIO”
Sei laureato e non trovi lavoro? Non potrai fare il chimico o il latinista perché si vive in un paese dove l'unica possibilità è la fuga all'estero? Precario a vita? Niente paura. O diventi criminale per colpa della crisi o fai il cinema comico dove diventi criminale per colpa della crisi. Fa molto ridere “Smetto quando voglio”. Tra i “Soliti ignoti” e “Breaking bad”. Con un linguaggio sciolto da ogni vincolo ideologico, si abbandona al puro gusto di narrare con immagini coloratissime,  acide e sature, non da cinema italiano, che fanno rinascere la commedia all’italiana. Cinica e cattiva.

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO PER IL DISEGNO SATIRICO INTERNAZIONALE A:

NADIA KHIARI (Tunisia)

Se gli animali potessero parlare - diceva Mark Twain - il gatto avrebbe il raro dono di non dire mai una parola di troppo. Come “Willis from Tunis”, il gatto senza peli sulla lingua diventato simbolo della rivoluzione tunisina. Lo ha creato Nadia Khiari, raffinata intellettuale che al tramonto del regime di Ben Alì, nel gennaio 2011, ha capito  come un sorriso possa esorcizzare la paura di un potere oppressivo. Così da allora, questa pittrice e disegnatrice tunisina combatte una battaglia personale contro ogni limitazione della libertà di espressione, raccontando con ironia gli avvenimenti della transizione al potere, convinta che la satira non abbia linee da non oltrepassare.

IL PREMIO SPECIALE "PINO ZAC 2014" È STATO ASSEGNATO A:

“BUDUÁR”
Debitore di certo ironico disincanto al “Divino marchese”, “Buduàr” è l’erede duepuntozero dei grandi giornali umoristici che nel cuore del secolo scorso hanno allietato generazioni di italiani. Impresa non facile in un paese che ha rinunciato ai giornali satirici di carta e che trova nel web un fiorire di proposte non sempre durature. “Buduàr”  ha radunato i tanti disegnatori satirici italiani che non vogliono rinunciare a dire la loro in punta di matita e ha il merito di giocare leggero, tra umorismo di qualità, satira vera e incursioni nella storia di un genere che onora, proiettandosi con ambizione nel futuro dei media sulla Rete.

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO PER IL TEATRO A :

“STASERA NON ESCORT”
(Margherita Antonelli, Alessandra Gaiella, Rita Pelusio, Claudia Penoni)
Secondo l'ultima classifica del World Economic Forum, l'Italia è al 90esimo posto su 135 Paesi per la parità di genere nel mercato del lavoro. Gli economisti  più accreditati ci avvertono che se l’occupazione femminile  raggiungesse quella maschile, il nostro Pil nazionale crescerebbe di un punto percentuale l’anno. Ora vi è chiaro perché abbiamo deciso di premiare queste quattro attrici comiche, nonché autrici satiriche e quant’altro, visto che da anni contribuiscono  al miglioramento economico del nostro paese girando con uno spettacolo di grande successo, che parla tra l’altro di occupazione al femminile, il titolo è lampante: “Stasera non escort”. L’avrebbe già premiate il premier  Renzi se non fosse sempre occupato con degli inutili boy-scout che non portano niente alle casse dello stato.


IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO PER IL DISEGNO SATIRICO A:

ZEROCALCARE (Michele Rech)
Se dici Zerocalcare anche chi non legge fumetti s'illumina. Magari non tutti sanno quanti libri ha pubblicato, che è autore di centinaia di locandine per concerti punk e che all'anagrafe fa Michele Rech. Per tutti, però, Zerocalcare è il fumettista che ha spopolato con le sue storie autobiografiche di quotidianità precaria, tra piccole grandi (dis)avventure del suo alter ego trentenne, Zero: capelli corti, T-shirt nera, bluejeans e un armadillo immaginario che gli fa un po' da coscienza e un po' da complice, nella sua pigrizia.  I suoi libri sono di una forza comica straordinaria, che scaturisce dal contrasto tra le proprie debolezze e le storture del mondo. Il fumetto era un genere archeologico, congelato alla filologia come la lirica, Zero gli ha insufflato la vita e l’ha reso contemporaneo. Prima regia di Mastandrea per il film dall’Armadillo. Non l’abbiamo visto ma ci piace. Premio Profezia.

IL PREMIO SPECIALE "CITTA’ DELLA SATIRA 2014" È STATO ASSEGNATO A:

SIMONE LENZI
Le piccole storie della quotidianità sono la materia che predilige per spezzare le catene dei luoghi comuni e smontare le autorappresentazioni compiaciute e ruffiane di singoli e comunità. Con "Lungomai" ha costruito una Lonely planet antropologica della sua Livorno, ritratto liberato di un popolo che ha nello spreco la misura esistenziale. Saltate quelle catene finalmente anche nella sua vita, Simone Lenzi, raffinato con le note come con le parole, ha così trasformato una fotografia apparentemente locale in un ritratto profondamente italico. E oggi continua a perseguire la via delle storie minori per guardarci dentro. Con spirito beffardo.

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO AL GIORNALE SATIRICO:

“MONGOLIA” (Spagna)
Non fa sconti a nessuno, neanche al re. Parliamo di “Mongolia”, rivista satirica spagnola di successo, che usa l’informazione per strappare un sorriso, ma anche per aprire gli occhi agli spagnoli. Nata due anni fa, boicottata dagli edicolanti ma forte di un vigoroso passaparola, non si ferma mai davanti a nulla, scandali e crisi. Pensata, scritta e disegnata da uno psicologo, un avvocato penalista, che ne è anche l’editore, e un illustratore, Mongolia fa dell’irriverenza al potere la sua arma migliore. Come dire, satira allo stato dell'arte.

IL 42° PREMIO FORTE DEI MARMI PER LA SATIRA POLITICA È STATO ASSEGNATO PER LA TESI DI LAUREA “Gabriele D’Annunzio in caricatura” (Università di Cagliari) A:

ALESSIA MASSIDDA
Il primo fu Gandolin, nel 1886, e da  allora le caricature di D'Annunzio, fino alla prima parte del Novecento, sono state innumerevoli. Di ciascuna dà conto Alessia Massidda, laureatasi a Cagliari con la tesi "Gabriele D'Annunzio in caricatura" che ripercorre in filigrana l'attività di uno dei personaggi più in vista di quel periodo, arricchendo il suo esemplare lavoro con una puntuale analisi della caricatura come forma d'arte.

 

La Giuria: Roberto Bernabò, Filippo Ceccarelli, Pasquale Chessa, Pino Corrias, Beppe Cottafavi, Massimo Gramellini, Bruno Manfellotto, Giovanni Nardi, Cinza Bibolotti, Franco A. Calotti. 



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Le foto dei vincitori




la redazione di Buduàr col premio "Pino Zac 2014"
(Dino Aloi, Alessandro Palex Prevosto, Marco De Angelis, e Lido Contemori)
Complimentissimi agli amici di Buduàr!!