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mercoledì 27 settembre 2023

Chi era Napolitano? L'ultimo dei Savoia?

 Addio a Giorgio Napolitano. L’ex capo dello stato aveva 98 anni. È stato il primo Presidente della Repubblica italiana a essere rieletto per un secondo mandato.

Chi era Napolitano?
Un uomo complesso: voce dissenziente contro l'Urss invasore della Cecoslovacchia, migliorista della destra comunista, "my favourite communist" di Henry Kissinger, firmatario del lodo Alfano e del legittimo impedimento, primo presidente in carica interrogato dai pm nel processo per la presunta trattativa Stato-mafia, primo presidente eletto due volte.

GIO / Mariagrazia Quaranta 
www.caricaturegio.altervista.it


RE GIORGIO
 Il 5 agosto 2011 arriva la famosa lettera della Banca comune europea a firma del presidente uscente Claude Trichet e da quello designato Mario Draghi. A novembre Berlusconi prende atto di non avere più una maggioranza parlamentare alla camera. I titoli di stato sono sotto una serie di attacchi speculativi. 

Napolitano si accorda con Berlusconi: approvata la finanziaria il premier si dimetterà. Così avviene. Napolitano intanto ha nominato Monti senatore a vita. Subito dopo l’approvazione della legge di Bilancio viene chiamato a palazzo Chigi. Ed è per questa mossa che “salva” l’Italia – secondo alcuni, la rovina secondo altri – che il New York Times definisce Napolitano «Re Giorgio», per la sua volitiva scelta di andare oltre le prerogative presidenziali e dirigere dal Quirinale la scelta.
fonte: https://www.editorialedomani.it/politica/italia/giorgio-napolitano-morte-ricordo-vita-98-anni-japt1pi7



#Napolitano 

"Quando eravamo re"

Mauro Biani



Se n’è andato uno dei personaggi politici più rilevanti degli ultimi cinquant’anni e, in particolare, del primo scorcio di questo secolo, in cui Giorgio Napolitano ha infranto una regola non scritta e inaugurato il doppio mandato presidenziale, poi replicato da Mattarella.

Esponente più autorevole dell’ala migliorista del Partito Comunista, Napolitano è stato per anni amato, rispettato e combattuto con la stessa veemenza, come capita solo ai grandi personaggi.

Ma è stato, in modo a volte decisionista e spesso impopolare, argine ai populismi in ascesa, nel pieno della più grande frattura della Seconda Repubblica.

Non ha mai avuto il carisma naturale di un Pertini né l’empatia di un Mattarella, ma Giorgio Napolitano è stato a suo modo la perfetta incarnazione di una stagione di mezzo di cui, prima e meglio di altri, ha intuito la degenerazione, al punto che in molti oggi, a distanza di anni, ne rivalutano l’azione e il pensiero.

Napolitano aveva 98 anni. Gli sia lieve la terra.

Lorenzo Tosa



Giorgio Napolitano

Marilena Nardi

#Disegno #inchiostro #ritratto #caricatura #napolitano #GiorgioNapolitano #italia



Napolitano
Achille Superbi




MISERIA E NOBILTA'

sul mio Blog ho trovato più di 80 vignette ispirate allo scomparso "re" Presidente Napolitano.

Per chi vuole basta "cliccare" sull'etichetta del suo nome.

Luci ed ombre inevitabili nella sua lunga vita politica.

Uno dei peccati che da destra non gli hanno mai perdonato è la caduta di Berlusconi che poi ha cercato di far dimenticare analogamente alla sua vecchia militanza comunista.

Ne scelgo una in relazione alla sua napolitanità e in ricordo d un altro grande napoletano , le altre, se ne aveste voglia, potreste scorrerle sul blog.

Gianfranco Uber


LAICA
Ha fatto molto discutere (e molto lo farà ancora) la decisione di Papa Francesco di rendere omaggio alla salma di Giorgio Napolitano in Senato evitando di benedirla e di farsi il segno della Croce, in grande rispetto delle volontà dello scomparso.
Non si può non sottolineare la coincidenza di questo gesto con la recente presentazione della legge che renderebbe obbligatoria la presenza del Crocifisso in ogni ufficio pubblico e che tende a cancellare quella laicità dello Stato voluta dalla Costituzione.
Gianfranco Uber






A volte ritornano

Mario Natangelo

#Napolitano #giorgionapolitano Il Fatto Quotidiano #vignetta #fumetto #memeitaliani #umorismo #satira #humor #natangelo



Funerali dello stato 
Mario Natangelo

#Napolitano #giorgionapolitano #MatteoMessinaDenaro #funeralidistato #mafia Il Fatto Quotidiano #vignetta #fumetto #memeitaliani #umorismo #satira #humor #natangelo



In quasi 70 anni di attività politica, ci sono stati molti Giorgio Napolitano.

C’è stato il Napolitano filo sovietico del 1956, c’è stato il Napolitano migliorista che ha anticipato la svolta socialdemocratica, c’è stato il Napolitano contro Berlinguer sulla questione morale, c’è stato il Napolitano che tesseva legami con Washington (e Kissinger lo chiamava "il mio comunista preferito"), c’è stato il Napolitano al Viminale che ha inventato i primi centri per migranti, c’è stato il Napolitano presidente della Repubblica che firmava tutte le leggi ad personam di Berlusconi, comprese quelle che poi la Consulta dichiarerà anticostituzionali.

Ma l’impronta politica più forte sulla storia del Paese Napolitano l’ha lasciata nel 2011, quando caduto Berlusconi lui decise, dal Quirinale, di non sciogliere le Camere e di fare Mario Monti premier. Per l’Italia, quello fu un bivio: se si fosse votato con ogni probabilità avrebbe vinto il Pd di Bersani, allora alleato con Vendola e Di Pietro, i sondaggi erano unanimi.

Invece il Presidente scelse l’uomo della Troika, il Pd fece disgraziatamente sua quell’agenda d’austerità e in un anno e mezzo di Monti milioni di voti si spostarono dal centrosinistra ai Cinque Stelle, così nel 2013 alle urne ci fu il pareggio e poi le larghe intese.

Non si sa come sarebbe andata la storia, se Napolitano avesse deciso diversamente.  Si sa però che il Quirinale si fece da arbitro neutrale a giocatore in campo, decidendo anche il risultato della partita. 

E forse partì così quella deriva presidenzialista che oggi la destra vuole formalizzare, stravolgendo la Costituzione.

Alessandro Giglioli

Il cordoglio bipartisan
Marassi


È MORTO NAPOLITANO, L’AMIKO AMERIKANO

È l’unico «comunista» cui gli Stati Uniti abbiano concesso il visto d’ingresso. Per ritirare un Premio intitolato a Henry Kissinger, il Segretario di Stato americano regista del golpe di Pinochet, responsabile dell’assassino di Salvador Allende e dell’eccidio di migliaia di cileni. Dotato di un’altezzosità non comune, che gli valse il discutibile nomignolo di «Re Giorgio», Napolitano fu, nel Pci che si vantava del proprio monolitismo, il più autorevole esponente della corrente migliorista. Ne facevano parte riformisti all’acqua di rose il cui scopo era sorpassare i socialisti da destra. Tirate le somme, GP è stato uno dei peggiori presidenti della Repubblica. Tra le sue ultime performance, l’incarico di governo a Matteo Renzi.  Per indubbi requisiti elettorali, ma soprattutto per affinità elettive.

Ivano Sartori


L'uomo di Pasqua

Riccardo Mannelli


L'ultimo dei Savoia? No! L'ultimo comunista non comunista.
Giannelli


 

mercoledì 19 luglio 2023

Andrea Purgatori

 Il giornalismo perde un grande professionista, un uomo onesto e libero. 

Mancherà la tua passione, la tua determinazione per l'inchiesta sempre alla ricerca dei fatti e della verità per far luce sui numerosi misteri italiani. 

Fany perde un follower ed un amico della nona arte.

Ciao Andrea Purgatori e grazie!!


Caro Andrea.

Mauro Biani

#AndreaPurgatori


Se ne è andato all’improvviso Andrea Purgatori (1953-2023), uno dei più bravi giornalisti investigativi del nostro tempo. Si batté come nessun altro per scoprire la verità sulla strage di Ustica, sfidando segreti e viltà del potere, ricevendone intimidazioni e minacce, facendone una malattia. Professionale.

Ivano Sartori





E' scomparso Andrea Purgatori, un grande giornalista d'inchiesta che ha attraversato con i suoi reportage gli episodi più oscuri del nostro Paese e gli avvenimenti internazionali più importanti, tra terrorismo, rapimenti, mafia, stragi, guerre. Le sue indagini sulla strage di Ustica costituiscono una delle sue medaglie più importanti.

Questa vignetta, che apprezzò molto, del 1989 (Il Popolo) sulla strage di Ustica è legata proprio a una delle sue inchieste.

Marco De Angelis




Già me la immagino la conversazione, anzi, l'intervista di Andrea Purgatori con Lui. L'inizio potrebbe essere "quindi lei asserisce di esistere...quanto è coinvolta la chiesa con il caso Orlandi...e di Ustica cosa ci dice ?"

#Nicocomix #AndreaPurgatori #Ustica #purgatori #EmanuelaOrlandi #giornalista


Anche nel giornalismo, sono i migliori che se ne vanno...
Tomas


Grazie per averci indicato la strada
Ci mancherai
GIO / Mariagrazia Quaranta


Purgatori in terra
Paradiso in cielo
Mario Bochicchio


Se Purgatori è un giornalista...
... questi inferni che lo celebrano
perchè lo chiamano collega?
Riccardo Mannelli


per #AndreaPurgatori

#giornalismo #ritratto #disegno
Marilena Nardi 

Addio ad Andrea Purgatori 😢
Vauro



VELTRONI SU PURGATORI: UN LIMPIDO RABDOMANTE DELLA VERITÀ 

PERCHÉ GLI DOBBIAMO TUTTI QUALCOSA. NON SOLO PER USTICA

■ di Walter Veltroni per il “Corriere della Sera"

Faccio fatica a scrivere di Andrea al passato. La sua malattia è stata terribile, fulminante, spietata. Lui l’ha combattuta ma non ce l’ha fatta. Ci siamo scritti finché ha potuto, con quel pudore che caratterizza le relazioni tra affetti quando qualcuno è colpito da una malattia. Avevamo recentemente progettato insieme una serie sulla strage di Ustica per una piattaforma internazionale. Avevamo scritto a quattro mani le puntate, avevamo definito contenuti e linguaggi. Volevamo che fosse lui il protagonista, perché se lo meritava. 

È lui il cronista coraggioso in interpretato da Corso Salani, altra morte prematura, nel bellissimo film di Marco Risi “Il muro di gomma”. Andrea, la sera dell’abbattimento dell’aereo, ricevette una telefonata da una persona che conosceva. Questa voce gli diceva che le cose non erano andate come veniva già detto. Andrea si è gettato su questa storia con il coraggio che ha sempre animato il suo modo di intendere la sua professione.

Voglio dirlo in modo chiaro, inequivoco: Andrea Purgatori è stato il giornalista esemplare. È stato la testimonianza che si può intendere il raccontare la realtà come una sfida costante con la propria coscienza, come un dovere che ha profili etici nei confronti delle cose, degli altri, di sé stessi. Non è mai stato un complottista, un dietrologo, non ha mai usato ideologie per raccontare la realtà. Aveva le sue solide convinzioni politiche e ideali ma non le ha mai usate per distorcere la realtà, per usare l’informazione a fini di parte. La sua parte, l’unica parte alla quale ha consacrato la sua vita professionale e personale, era la realtà. Non dico la verità, categoria di labile definizione. Ma la realtà, le cose come sono accadute.

Su questo giornale Andrea ha scritto di Ustica per anni, per contestare le bugie pelose di chi sosteneva le teorie più strampalate: il «cedimento strutturale» o la «bomba a bordo» o tutte le altre follie che servivano a camuffare la realtà che Andrea aveva scoperto fin dal primo momento. Andrea Purgatori ha detto agli italiani che sul cielo di Ustica si era combattuta la più grande battaglia militare in Europa dalla fine della guerra. Una verità che faceva tremare molti ambienti, in Italia e all’estero. Una verità che gli costò minacce alla sua stessa vita.

Andrea non ha smesso mai di cercare, magnifico rabdomante della realtà. E lo faceva con una febbre che univa la sua coscienza professionale e quella civile. Lo sanno gli spettatori di “Atlantide” su La7 e tutti coloro che hanno letto i suoi articoli o i suoi libri.

Gli italiani, lo dico senza enfasi, sono debitori nei suoi confronti. Senza di lui, e senza la battaglia di Daria Bonfietti e dell’associazione dei familiari, Ustica sarebbe stata sepolta sotto le bugie.

Che si occupasse del caso Orlandi, dell’omicidio di Pecorelli o dei rapporti tra mafia e politica, sempre Andrea trasmetteva il senso di una limpidezza, di una incorruttibilità che ha onorato la sua professione e guidato e illuminato la sua vita.

Era un uomo simpatico, spiritoso, pieno di passioni e di gentilezza, con un senso dell’umorismo che lo rendeva una presenza straordinariamente piacevole. Con lui potevi parlare di cultura, di storia, di politica, di televisione. E di calcio, come abbiamo fatto tante volte, insieme, vedendo partite e divertendoci insieme.

Andrea era una di quelle persone che, se entrano in una stanza, vorresti non uscissero. Invece stavolta è uscito, per sempre. E, sinceramente, ora la morte di un amico come Andrea, di una persona come Andrea, di un giornalista come Andrea mi sembra troppo ingiusta e spietata per essere accettabile.

L’ultima volta ci siamo scritti qualcosa che tra amici, specie uomini, è difficile dirsi ma che varrà sempre: che ci volevamo bene.




venerdì 28 ottobre 2022

Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio

 

La Première

#melonipremier #Meloni #italy #italia #editorial #caricatura #editorialcartoon #cartoon
Marilena Nardi



GIORGIA, L’ALIENA 

Possiamo attaccare La Meloni per le scelte politiche reazionarie che non si risparmierà. Dobbiamo farlo. Possiamo tenerla d’occhio per le evidenti tendenze sovraniste e nazionaliste denunciate persino dal suo linguaggio istituzionale. Anzi, dobbiamo. Così come dobbiamo preoccuparci per la tenuta delle sue garanzie pre-elettorali circa i diritti delle minoranze e dei ceti più fragili. Insomma, dobbiamo vigilare sulla prima presidente del consiglio aliena.

Però dobbiamo, con altrettanta onestà, ammirare la volontà con cui questa donna si è fatta da sé, pur essendo gravata da enormi handicap sociali e familiari. E c’è riuscita da sola e contro tutti, pur appartenendo alla periferia della società politica, quella maledetta e giustamente sospettata per i suoi infami trascorsi storici. 

Ce l’ha fatta a scapito di tutto e a dispetto di molti, se non di tutti. E questo le va riconosciuto. Sull’ascesa dal nulla al massimo scanno governativo, la sinistra, a cominciare dai rimasugli comunisti che si vergognano del proprio passato, dovrebbe riflettere. Quando comunisti e socialisti stavano con i proletari, con gli operai, con i sottoproletari, con chi partiva svantaggiato, quelli come la Meloni stavano con loro. Da quando la sinistra schifiltosa taccia di populismo il disagio sociale che si trasforma in rabbia, si barrica nei quartieri alti, emigra nelle isole dei Parioli per evitare il contatto. Ed è allora che le Meloni e i Meloni, che sono tantissimi, cercano e trovano altri tutori, altri cavalli, altre bandiere. E le trovano. Morale della favola:  chi è causa del suo mal pianga se stesso.

Ivano Sartori



#sovereignty #Meloni

Marco De Angelis



Cerimonia della campanella

Portos


Meloni risponde a Serracchiani: «Mi guardi, le sembra che io stia un passo dietro agli uomini?»

Portos


Foto non autorizzata
Portos

Ombre.

- #governo #destra #Meloni #Premier #ilmanifesto #lelecorvi


Giannelli


Governo, la replica di Meloni alla Camera #GovernoMeloni #Camera #meloni #discorso #fiducia #25ottobre
Durando


Le mani del governo Meloni sull'Agenzia delle Entrate #meloni #nero #evasionefiscale #bankitalia #GovernoMeloni
Durando


·
22 ott
«La smorfia»: #ilcaffedigramellini sul 
@Corriere
 di #sabato #22ottobre.
https://corriere.it/caffe-gramellini/22_ottobre_22/smorfia-b4de3592-517d-11ed-a3c2-abd521eeb21c.shtml





venerdì 15 luglio 2022

Andavamo al cine, film di Ivano Sartori

  L'autore Ivano Sartori, giornalista, ha rievocato gli anni d'oro in cui a Fidenza i cinema erano quattro. 

Bello, belle le musiche... da vedere!


ANDAVAMO AL CINE

Emozionante docufilm che rievoca gli anni d’oro delle sale cinematografiche locali, quando il cinema era uno dei divertimenti più popolari, ma racconta anche i cineforum e le proiezioni alternative o integrative del circuito commerciale. Il video ripercorre tutte queste esperienze attraverso le testimonianze dei gestori dei cinema locali e le iniziative dei circoli.

Un film di Ivano Sartori

A cura di Associazione Fidenza Cultura

Arena Estiva Corte OF

via Berenini 136, Fidenza


DOMENICA 17 LUGLIO

Fidenza

cortile ex convento Orsoline via Berenini

Ore 21,30 Ingresso gratuito

Si consiglia prenotazione tel. 345 919 2180



Gli anni d'oro dei cinema Corso e Cristallo, quando gli spettatori facevano la fila e aspettavano in piedi che si liberasse un posto, nei ricordi di Lucio Cavallini e Corrado Castagnola. L'epopea del cineforum e delle sue censure rievocata da Luigi Paini. I film militanti di Mario Fontanelli non ancora parroco, i divieti violati dal professor Pietro Capra e i sogni a occhi aperti del pediatra Giuseppe Boschi.

 Sono alcuni dei testimoni di un'epoca indimenticabile, quando Fidenza aveva 5 banche e 4 cinema, mentre oggi ha decine di banche e un solo cinema. 

A far riemergere un passato, che ha il suo cuore nella scuola De Amicis, dove vediamo la dirigente scolastica interpretare se stessa, è un misterioso signore intabarrato, seguito da una volenterosa assistente. Che cosa stanno cercando? 

A rivelarlo sarà “Andavamo al cine”  l'ultimo film del giornalista Ivano Sartori, in programma nella Corte delle Orsoline giovedì 14 e domenica 17 luglio ingresso gratuito punto inizio alle ore 21:30





venerdì 28 maggio 2021

Carla Fracci

 

Danza in cielo

Tiziano Riverso


"In tanti mi hanno chiesto come ci si sente a essere un mito. Ma i miei che erano dei lavoratori, padre tranviere, madre operaia mi hanno insegnato che il successo si deve guadagnare. E io ho lavorato, lavorato, lavorato... ".

Carla Fracci


#CarlaFracci

per la Repubblica

Mauro Biani



CARLA FRACCI.

Nico Pillinini



CARLA FRACCI

Valerio Marini



Si è spenta Carla Fracci.

Mia madre l'amava molto. Quando ero bambino mi portò anche a un suo balletto (se non ricordo male).

#CarlaFracci #danza #scomparsa #Fracci #lutto #balletto

Tartarotti


...alla mia maniera, ricordando Carla Fracci, la divina..
#carlafracci
Pierpaolo Perazzolli


Odore di gesso, tulle che solletica, capelli stretti in una crocchia, punte allacciate e dita accartocciate, ginocchia sbucciate coperte dalle calze. Ticchettio delle punte sul pavimento di legno e occhi puntati un po’ sulla maestra e un po’ sull’unico maschietto, bello come Terence di Candy.
Sulla parete un poster con una ballerina eterea e bellissima su una gamba sola: Carla Fracci.
Messa lì come se fosse un’icona.
Avevo tre anni la prima volta che avevo messo piede in quella stanza e per tutti gli anni a seguire gli occhi sempre puntati sul poster. Modello irraggiungibile di grazia e impegno.
Irraggiungibile.
Infatti ho rinunciato presto alla danza (poca grazia e poca costanza), mi sono rimaste le dita accartocciate e le piccole punte e la consapevolezza che le icone non smettono mai di ballare con grazia innaturale, anche quando non ci sono più.
Alagon

#ciaocarla #carlafracci #fracci #balletto #ballet #danzaclassica #nureyev #icona #punte #vignetta #illustrazione #illustration #cartoon #alagon
sulle punte
Fabio Magnasciutti



#carlafracci #danza #ballo #vignetta #ilmanifesto
Lele Corvi



Leggera e delicata come una rosa e altrettanto aggraziata.
Giannelli



Carla Fracci, si è spenta una stella 

Era una grande milanese, una grande italiana e anche una grande antifascista (che c’entra? C’entra, perché lei ci teneva tantissimo e quindi non dovrebbe mancare nella sua epigrafe). 

Ma soprattutto, Carla Fracci, morta ieri a 84 anni, era una grande ballerina, la più grande di tutte e tutti, davvero il volto migliore dell’Italia: nella metafora — per la tenacia e il talento che l’hanno fatta diventare étoile ma restando pop — e nella realtà, quel bel facìn sempre sorridente che da ragazzina le era valsa l’ammissione alla scuola di danza della Scala e sempre restò la sua cifra, il suo modo di incoraggiare ogni persona a realizzarsi nella libertà, nell’arte e nel mestiere. 

Oggi, i milanesi potranno renderle omaggio (dalle 12 alle 18) nel foyer della Scala, la casa elettiva dove, mentre imparava a danzare, sentiva il padre tranviere scampanellare per lei ogni volta che passava. Insieme, ogni mattina, uscivano dalla casa di ringhiera con bagno esterno di Calvairate, semiperiferia est.

Proposta: nella penuria di statue di donne che impoverisce Milano come ogni città del mondo, sbrighiamoci a farne una a Carla Fracci. In piazza della Scala. (Dal Corriere della Sera di oggi, 28 maggio 2021)

Ivano Sartori

Roby il Pettirosso

domenica 18 aprile 2021

A Sepulveda

 CARMEN YÁÑEZ

ERAVAMO COSÌ FELICI E NON LO SAPEVAMO

Ignoranti della luce che circondava l’innocenza

eravamo così felici amore mio,

con il calore delle nostre mani unite

attraversando tutte le strade

e ridendo degli ostacoli di pietra o grandine

che volevano fermare quella nostra corsa irresponsabile di felicità.

Eravamo così felici

e non ci accorgevamo della dimensione della vita.

Dell’invisibile minaccia, dell’ombra lunga

della paura,

noi non sapevamo nulla, insolenti.

Amandoci con previsioni di futuro.

Ora non arrivo a pensare oltre il domani quando aspetto

la prova della tua vita per bocca d’altri.

La poesia è tratta dall’ultima raccolta della Yáñez, Senza ritorno, pubblicata dalla Guanda lo scorso anno. In questa poesia d’amore, struggente, commovente, c’è perdita, nostalgia, rimpianto, sgomento ed è naturalmente dedicata al compagno della sua vita Luis Sepúlveda, che questo male terribile che ha colpito le nostre vite, ha portato via al suo amore e a tutti noi. In fondo alla pagina potete leggere la poesia originale. La traduzione è di Roberta Bovaia

Gio / Mariagrazia Quaranta


Uno scrittore per bambini e rivoluzionari

Il 16 aprile del 2020, dopo cinquantuno giorni di resistenza al male, moriva di Covid il grande scrittore cileno Luis Sepulveda, militante pro Allende, sopravvissuto al carcere e alle torture del regime di Pinochet. Facendo un giro su Internet alla ricerca dei suoi libri si trovano quelli, pur bellissimi, dedicati all’infanzia a base di gabbianelle e gatti, balene e lumache. Per trovare i libri «per grandi» che hanno dentro gli ideali e i drammi del Novecento, le peripezie e i ricordi della rivoluzione, come «La fine della storia», bisogna scavare, scavare parecchio. Così va il mondo. Soprattutto on line, dove si vendono più libri che in libreria. Ahimè. 

Ivano Sartori


Il 16 aprile 2020 il virus ci portava via Luis Sepúlveda
Paolo Lombardi


Giocava coi generi: le favole per i sentimenti universali (oltre alla storia della Gabbianella, quella del gatto e del topo che diventò suo amico, della lumaca che scoprì la lentezza e del cane che insegnò a un bambino la fedeltà); la novela negra per denunciare l'arroganza dei potenti, la solitudine degli sconfitti o, come in Diario di un killer sentimentale, l'orgoglio di un uomo tradito; i racconti per mettere a nudo dopo un lento processo di maturazione le sue idee e passioni. Si legga ad esempio Incontro d'amore in un paese in guerra.



"È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo.”

LUIS SEPÚLVEDA

Roby Il Pettirosso

 vignetta, ispirata e dedicata a Luis Sepulveda
Gianlo
http://gianloingrami.blogspot.com/

Gianlo


“La letteratura che vale è quella che riesce a dar voce a chi non ha voce”

LUIS SEPULVEDA



"Luis Sepulveda" - Omaggio al grande scrittore Cileno morto in Spagna il 16 aprile per coronavirus...ci uniamo al dolore della Gabbianella
Marco D'Agostino



Vasco Gargalo
24 April 2020
Luis Sepúlveda
Luis Sepúlveda (1949-2020) was a Chilean writer and journalist. A communist militant and fervent opponent of Augusto Pinochet's regime, he was imprisoned and tortured by the military dictatorship during the 1970s


I suoi sogni erano grandi, immensi, nati sull’onda dell’entusiasmo giovanile quando il Cile sembrava il paese dell’utopia e la poesia era un modo per sentirsi vivi: leggeva Neruda, Machado, Garcia Lorca, voleva rendere il mondo un posto migliore. La morte di Che Guevara cambiò tutto: partì come volontario in Bolivia, dove resisteva ancora un piccolo gruppo di guerriglieri. Erano in trenta, tornarono in sei. Nel frattempo Allende vinceva le elezioni e apriva la strada al sogno. Sepúlveda entrò a far parte della guardia personale del presidente e continuò per tutta la vita a raccontare il valore e la realtà di quel gruppo di compagni. Incontrò Carmen Yáñez, la donna che sposò due volte, suo grande amore, compagna di vita e di lotta.
Come andò a finire è storia: il golpe di Pinochet, la clandestinità e infine il carcere, le torture, l’esilio. Sepulveda aveva 24 anni quando iniziò a fuggire: Argentina, Uruguay, Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Nicaragua. Da una spedizione nella selva amazzonica dove incontra gli indios Shuar nascerà il suo romanzo più famoso, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore. Pezzi di vita che diventano letteratura come accadrà anche dopo, con Il mondo alla fine del mondo, romanzo ispirato alla sua esperienza su una nave di Greenpeace, il primo che testimonia il suo impegno per l’ambiente.

Ce ne doveva essere un altro, lo stava scrivendo nella sua grande casa di Gjion, ma non ne ha avuto il tempo: alla fine di febbraio, di ritorno da un festival letterario in Portogallo, i brividi e la febbre. Contagiato dal Covid, primo caso nelle Asturie, ha lottato contro il virus per 51 giorni. All’inizio tutti pensavano che ce l’avrebbe fatta: la sua capacità di resistere alle avversità era tale che sarebbe uscito anche da quell’incubo. Non è accaduto: il suo fisico ha ceduto e quel romanzo, a lungo pensato, è rimasto incompiuto.


CARMEN YÁÑEZ
ÉRAMOS TAN FELICES Y NO LO SABÍAMOS
 

Ignorantes de la luz que circundaba la inocencia
éramos tan felices amor mío,
con el calor de nuestras manos juntas
cruzando todos lo caminos
y riéndonos de los obstáculos de piedra o granizo
que nos intentaban parar esa carrera irresponsable de la felicidad.
Éramos tan felices
y no nos enterábamos de la dimensión de la vida.
De la invisible amenaza, de la larga sombra
del miedo,
no lo sabíamos nosotros, irreverentes.
Amándonos con proyecciones de futuro.
Hoy ya no pienso más allá de mañana cuando espero
tu prueba de vida dicha por otros.

Paolo Hendel: Luis Sepùlveda



Sepulveda 

Ritratto di Riccardo Mannelli per l'intervista di Repubblica qui sotto

https://www.repubblica.it/cultura/2017/08/20/news/luis_sepu_lveda_sono_morto_tante_volte_-173435132/

Luis Sepúlveda: "Sono morto tante volte"

Antonio Gnoli

Lo scrittore: "La prima quando il Cile fu stravolto dal colpo di Stato, la seconda quando mi arrestarono, la terza quando imprigionarono mia moglie"

Nell'uomo comune la sofferenza è un peso; nell'artista prende la forma di un orizzonte. Qualcosa che va molto al di là dell'esperienza e diventa visione del mondo. Incontrando Luis Sepúlveda penso che la sua forza risieda in una certa dose e forma del dolore. Niente di prettamente sudamericano, anche se è nato in Cile. Niente che faccia davvero pensare alla tristezza delle vaste praterie. È un dolore verticale che si misura semmai con le altezze delle Ande e con la freddezza dei suoi ghiacciai. Luis è un uomo concreto. Solido. Senza questo carattere difficilmente sarebbe sopravvissuto, non già alla sua scrittura che è bella, penetrante e a volte indignata, ma alla galera e alle torture che seppe infliggergli il regime di Pinochet. Di solito non amo i racconti politici, ma qui in gioco c'era la vita di un uomo che ha creduto e continua a credere. Un uomo famoso che vende milioni di copie dei suoi libri e che uscirà in settembre con il nuovo libro Storie ribelli.

Sei mai stato un uomo davvero felice?

"Mi chiedi troppo, però se ci penso una felicità speciale l'ho provata quando ho riavuto il mio passaporto cileno. Non molto tempo fa, del resto. Mi sono sempre sentito un uomo libero; ma quello straccio di documento, dopo 31 anni di esilio, dopo che avevo passato la vita a sentirmi un uomo cancellato, mi ha fatto uno strano effetto. Come un battesimo che non ti aspetti e quindi una rinascita".

Per rinascere bisogna morire.

"Sono morto tante volte, se è per questo. La prima quando il Cile fu stravolto dal colpo di Stato; la seconda quando mi arrestarono; la terza quando imprigionarono Carmen mia moglie; la quarta quando mi tolsero il passaporto. Potrei continuare". Dov'eri quando ci fu il golpe? " Non fu un semplice golpe, fu un assedio. Facevo parte della guardia personale di Allende. Quel giorno mi trovavo a una trentina di chilometri da Santiago. Ero addetto alla sicurezza delle acque pubbliche; dovevamo difendere le fonti di approvvigionamento. Per ben quattro volte la milizia di Pinochet aveva tentato di avvelenarle".

Come reagisti alla notizia dell'assedio?

"Cercammo di organizzarci, avanzando verso il centro di Santiago. Si combatteva lungo le strade. Poi sentimmo il rumore degli aerei e le esplosioni. Bombardarono il palazzo della Moneda. Provammo a resistere, soprattutto a Sud dove pensavamo che una controffensiva fosse ancora possibile. Ma il popolo non aveva armi".

Cosa accadde a quel punto?

"Venni arrestato. Era il 4 ottobre del 1973. Giorno del mio compleanno. Insieme ad altri venimmo circondati dai soldati e dalla polizia. L'accusa che mossero fu alto tradimento della patria e banda armata. Fui torturato, processato e condannato alla pena capitale. Il mio difensore era un tenente dell'esercito. Lui poteva parlare con me, io no. Alla fine mi disse che era riuscito a trasformare la condanna a morte in 28 anni di carcere".

Tu eri sposato?

"Anche mia moglie fu arrestata. C'eravamo conosciuti da adolescenti. Quando fu catturata non stavamo più assieme. Soprattutto per divergenze politiche. Carmen era di estrema sinistra io socialista. Lei fu portata nell'inferno di Villa Grimaldi. Venne torturata insieme ad altre tre donne. Alla fine pensando che fosse morta gettarono il corpo in una discarica. Un passante si accorse che era ancora in vita e fu così che si salvò".

Come hai fatto a lasciare la prigione e poi il Cile?

"Potrei dirti che a volte la scrittura salva la vita. Il mio insegnante di liceo mandò una mia raccolta di racconti a un premio cubano. Non pensavo assolutamente di diventare scrittore. Ma accadde che due di quei racconti furono pubblicati e poi tradotti in tedesco. Anni dopo, una ragazza di Amnesty vide il mio nome su una lista di cileni condannati e l'associò all'autore di quei due racconti che aveva letto. E fu così che in Germania e in parte del resto d'Europa ci fu una mobilitazione nei miei riguardi che si concluse con la mia scarcerazione e l'espulsione dal Cile nel 1977".

Lasciasti lì la tua famiglia?

"Quello che restava. Con Carmen ci saremmo rimessi insieme molti anni dopo. Lasciai Carlitos il maggiore dei miei figli. Aveva 5 anni quando lasciai il Cile, lo avrei rivisto solo anni dopo, in Svezia".

Chi erano i tuoi?

"Mio padre era cuoco e mia madre infermiera. Li ho molto amati per non avermi mai fatto pesare il ruolo di genitori. Ma la persona con cui mi sono sentito più in sintonia è mio nonno. Un anarchico che agli inizi del ' 900, a soli 16 anni, partecipò a una rivolta nella Spagna andalusa. Ci scappò un morto tra gli ufficiali e lui insieme ad altri compagni venne arrestato".

In seguito?

"Riuscì a fuggire e inseguendo gli ideali libertari finì prima nelle Filippine e poi in Equador. Impiantò anche una fabbrica di produzione di olio, con i profitti finanziò i movimenti anarchici e alla fine arrivò a Iquique, una città di minatori a nord del Cile che produceva fertilizzanti dal salnitro. Arrivò un mese dopo che l'esercito cileno aveva represso una rivolta con migliaia di morti. Fu qui che conobbe mia nonna, una dama di compagnia. Non so cosa vide in mio nonno. Erano due personalità diversissime. Forse per questo riuscirono ad amarsi profondamente".

Tu seguisti gli ideali del nonno?

"Da bambino mi leggeva Tolstoj e cercò di trasmettermi gli ideali anarchici. Si arrabbiò moltissimo quando gli confessai che ero entrato nella gioventù comunista. Mi disse: Luis, tu e i tuoi compagni lotterete per immaginare di essere liberi; io lotto per non dimenticare di esserlo stato".

Che cos'è la libertà per uno scrittore?

"Non è facile definirla. A volte penso alla responsabilità di scegliere le parole giuste; a volte immagino la libertà come un'attesa che può essere frustrata. Ti ricordi quel verso di Kavafis? Sta facendo buio e i barbari non vengono. Non sai mai quando il nuovo irromperà nella tua vita, nella tua scrittura".

Non sai come e quando ti cambierà.

"I libri sono bestie strane e imprevedibili come le storie che hanno dentro".

Le tue storie hanno spesso la forma della favola.

"È un genere che mi consente di creare dei personaggi soprattutto animali in grado di trasmettere valori come la giustizia, la fratellanza, la solidarietà".

A questo proposito la gabbianella è stata la tua favola di  esordio e di grande successo. Come è nata?

"Volevo scrivere qualcosa per i miei figli piccoli e per quelli dei miei amici".

Forse scrivi anche per te.

" Scrivo perché amo la mia lingua e in lei riconosco la mia unica patria. E poi si scrive per gli altri. Si scrive, come diceva il mio amico Osvaldo Soriano, per abitare nel cuore della gente migliore".

Lo hai conosciuto bene?

" Se l'ho conosciuto? Mi chiedi. Come si conosce un fratello che ami e rispetti. Le nostre passeggiate, i discorsi e i pensieri, e poi la tristezza, la grande tristezza di certi bar che frequentavamo a Buenos Aires. Le mattine per Osvaldo cominciavano alle cinque del pomeriggio".

Di cosa parlavate?

" Di tutto, degli amici che non c'erano più, dei fantasmi che a volte abitano nella testa di noi scrittori, parlavamo di quei personaggi condannati a essere dei perdenti. E quando eravamo stanchi come di istinto ci rifugiavamo in qualche caffè. Di solito sedevamo a un tavolo vicino alla finestra, seguendo un rituale mai dichiarato, lui ordinava due whiskey e un bicchier d'acqua minerale. Cominciava a bere il mio e io: posso bere il tuo Osvaldo? Meglio di no, ti fa male. La verità è che il medico gli aveva ordinato di non bere e di non fumare. Era piuttosto malconcio di salute".

L'unica volta che lo vidi, un sigaro enorme trionfava tra le labbra.

"Amava gli Avana, poteva tenerlo in bocca per ore torturandolo e sfilacciandolo. Poi quando lo strozzava fra le dita cominciava i suoi racconti fantastici. Le sue parole risvegliavano lo stupore e l'intelligenza. Mi manca Osvaldo. Mi manca la sua onestà. L'ultima volta che lo vidi sembrava molto stanco. Ci lasciammo, in una strada di Buenos Aires, con un lungo abbraccio. Convinti che non ci saremmo mai più rivisti. Lo guardai allontanarsi lentamente e piegarsi come per raccogliere qualcosa da terra. Capii che si era chinato per accarezzare un gatto randagio".

Uno che in qualche modo somigliava a Soriano fu Bolaño. Che ricordo hai di lui?

"Il ricordo si tinge di una pena infinita per la sua fine arrivata troppo presto, forse nel suo momento più creativo. Non l'ho mai conosciuto. Parlai due sole volte con lui, per telefono. Ero direttore di un Festival culturale e lo invitai. Accettò di partecipare. Ma una settimana prima mi chiamò per dirmi che stava male e che sarebbe iniziato un periodo duro per la sua vita. È stato un bravo scrittore, ma non era tra i miei favoriti. Il suo miglior libro per me resta Stella distante".

Chi sono gli scrittori del tuo continente che consideri imprescindibili?

"In testa metterei Francisco Coloane. L'ho amato moltissimo. Devo a lui se sono diventato scrittore. Un uomo del Sud, un avventuriero che sapeva spingersi in profondità nei territori più impervi. Arrivò alla letteratura con un linguaggio nuovo, a un tempo duro e tenero".

E Márquez?

" Come fai a metterlo in discussione? È l'immagine stessa dell'America Latina. Forse questo è il suo limite. Gli preferisco Juan Rulfo, che finalmente anche voi in Italia avete scoperto. E poi Julio Cortázar. Anche nelle frasi più sofisticate sapeva essere diretto. E poi mi piace Pablo Simonetti, un giovane che ha scritto tre romanzi bellissimi. Ma il mio preferito è Ramón Díaz Eterovic, uno di Punta Arenas, scrive in maniera magistrale".

Punta Arenas è la parte estrema del Sud America, qualcuno diceva dove le storie vanno a morire. Tu sei stato da quelle parti e scritto sulla Patagonia.

"Ci sono stato e anche a lungo. Partii per il Sud del mondo per vedere cosa vi avrei trovato. E furono giorni estenuanti che sapevano di zaino e di vento. Stava terminando la breve estate australe. Il vento gelido cominciò a spazzare le strade di Punta Arenas. Era solo metà marzo, ma sembrava di essere piombati in pieno inverno. Ero con il mio amico Daniel Mordzinski, il fotografo che mi aveva accompagnato in tante avventure. Ci guardammo: e ora che facciamo? Vedemmo nel cielo migrare stormi di ottarde. Loro si allontanavano". 

E voi?

"Ci venne in soccorso una storia dei primi del Novecento. Due signori, un croato e un tedesco, si fecero venire in mente la straordinaria idea di aprire un cinema proprio lì, sui bordi della fine del mondo, a Porvenir, che poi vuol dire " avvenire". José Bohr e Antonio Radonic girarono anche dei film. Nacque con loro il primo film cileno. E noi andammo a trovare un nipote di Antonio che ci raccontò questa storia magnifica. La Patagonia è sempre stata una terra di saccheggi e di sogni".

Chi l'ha resa un luogo di culto è stato Bruce Chatwin.

"Quella che lui ha raccontato è stata la "sua" Patagonia. Era un buon scrittore. Ci conoscemmo a Barcellona. Mi regalò uno dei suoi leggendari taccuini neri, un Moleskine su cui aveva annotato le sue impressioni. Scoprii che il primo ad usarli fu l'esploratore Amundsen. Ci vedemmo varie volte al Cafè Zurich. Era un conversatore affascinante. Ricordo che gli parlai della spiaggia di Gijòn, nelle Asturie, dove di solito vivo e dove i surfisti si allenano e fanno gare. Era curioso, brillante, seduttivo. Mi parlò dell'intenzione di raggiungere il Circolo Polare Artico. Non so se fece in tempo".

Forse no.

"È morto troppo presto e troppo giovane. Ma anche il Cafè Zurich credo non esista più".

Hai paura della morte tu che sei "morto" così tante volte?

"C'ho fatto l'abitudine. E poi la vera saggezza è sapere quando le cose finiscono. Soprattutto uno scrittore deve sapere quando dire basta. Non ripetersi. Perché scrivere deve essere un gesto libero e non una condanna".

Ti ha mai sfiorato questo dubbio?

"Sì, certo. So che un giorno anche per me verrà il momento di dire basta".

A quel punto?

"In quel preciso istante Sepúlveda non smetterà di vivere, perché c'è sempre un pezzo di esistenza oltre il racconto, oltre le storie, oltre la letteratura. Sarà come abbandonare qualcosa che mi appartiene. Mi è accaduto con il Cile e l'ho ritrovato, trent'anni dopo. Potrebbe accadere anche con il romanzo, il giorno in cui me ne dovessi allontanare. Tutto finisce, ma niente è davvero definitivo".