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giovedì 24 dicembre 2015

Timelost, di Anna Laura Folena

TIMELOST
Storie di alieni tra noi
di Anna Laura Folena

Gli alieni sono in mezzo a noi. Spesso si mimetizzano da animali domestici, entrando così nelle nostre case. Oppure ci guardano dall'alto, mentre volano nel cielo con le sembianze di una rondine. Uno di loro assomiglia ad un coniglio e vive nel cappello di un prestigiatore. Altri sono coperti di squame verdi oppure hanno il cuore che funziona grazie a ingranaggi simili a quelli di un orologio. Ma tutti sono capaci di emozioni e sentimenti almeno quanto noi. Ai loro occhi siamo buffi, ma alla fine decidono volontariamente di continuare ad assomigliarci, perché la vita degli umani e quella degli alieni hanno molto in comune: sono degli affascinanti caos tutti da scoprire con ironia e autoironia.



INTRODUZIONE

Se solo arrivasse un disco volante a riportarci a casa, in una galassia lontana, dove tutti si riconoscono e si capiscono!
Quasi sempre ci sentiamo fuori posto, alieni precipitati sulla Terra da chissà quale pianeta. Allora desideriamo scappare da questo mondo per tornare a rifugiarci in uno decisamente più ospitale, popolato dai nostri simili.
Però in altre circostanze ci sembrano alieni quelli che si trovano di fronte a noi, così strani, spaesati, goffi. La verità è che probabilmente loro stanno pensando la stessa cosa di noi.
Chi è l’extraterrestre, allora? Lo siamo un po’ tutti: noi e loro.
I racconti che seguono propongono una soluzione: sorridere e ridere. Osservare noi stessi e gli altri con attenzione, ma con levità, e raccontare ciò che vediamo con un‘ironia vivace, ma mai cattiva. Il sarcasmo non è consigliabile, perché ci allontanerebbe ancora di più dagli altri misteriosi esseri che camminano per strada al nostro fianco, che salgono sul treno insieme a noi, che lavorano seduti alla scrivania di fronte alla nostra. E non dimentichiamo che loro vedono noi esattamente come noi vediamo loro.


Titolo: TIMELOST
Autore: Anna Laura Folena
Generi: Romanzi e Letterature » Fantascienza , Fantasy Horror e Gothic » Fantascienza
Editore Youcanprint  
Copertina Morbida
Pubblicato  01/12/2015
Pagine  138
Lingua Italiano
Isbn o codice id 9788893216968
Disponibile anche Ebook








Anna Laura Folena, giornalista di origini toscvenete, è laureata in Lettere Moderne con il massimo dei voti e la lode all'Università di Padova, con una tesi in stilistica e metrica italiana, dalla quale è nato il saggio Simmetria e circolarità nella metrica  del secondo Saba, pubblicato in "Studi novecenteschi" (Giardini editori e stampatori in Pisa, XVIII, numero 41, giugno 1991). Per anni è stata free-lance, dividendosi tra carta stampata, conduzioni televisive e radiofoniche. Attualmente si occupa prevalentemente di relazioni esterne e uffici stampa. Appassionata di ludo-linguistica ( nickname= Il Gabbiano, ALF), usa le parole per lavorare, per giocare e per scrivere libri , come la raccolta di raccolti ironici, Ma quando arrivano gli elefanti? (2007, Giacomuzzi Editore).
Segue Il canto della civetta ( 2015), la conferma che anche la prosa può essere poesia.
Con Timelost (2015 youcanprint) si torna a ridere, con le avventure di simpatici alieni tra di noi.


lunedì 12 ottobre 2015

#paroleorrende

La raccolta di #paroleorrende  sui social impegna tantissime persone nella denuncia della deturpazione della lingua italiana.
Bello l'articolo che spiega il fenomeno di Daniela Ranieri per il FQ,  illustrato magnificamente da Marilena Nardi.


Lingua italiana sotto attacco: tutto iniziò con “l’attimino”. Il boom delle parole orribili (da eliminare). Scrivici le tue
Oggi la raccolta di #paroleorrende (l’hashtag sta a significare che la cura non può che essere omeopatica) impegna su Facebook molte persone, che - in una specie di trance agonistica - propongono ciascuna le proprie parole-tabù, le bestie nere, le espressioni-orticaria. Diamo un contributo

di Daniela Ranieri
• Da obbrobri come “un attimino” a locuzioni improbabili del tipo “piuttosto che” usato come congiunzione: la lingua italiana, con le sue regole e la sua sintassi, è sotto l’attacco delle espressioni orribili. Sul Fatto Quotidiano continua la pubblicazione delle liste di proscrizione delle firme del nostro giornale. Qui, nei commenti sotto l’articolo, potete inserire le storpiature che più vi hanno colpito voi. Per una battaglia civile per combattere l’antilingua.

In principio era “un attimino”. Inesorabilmente, come un virus, si diffuse a tutti i piani della società, ci inseguiva in banca, in palestra, in ufficio, a casa, nessuno ne era immune, dal prete allo psichiatra, dalla casalinga al parrucchiere. Poi avanzò violento il “piuttosto che” usato non in senso comparativo o avversativo, ma come congiunzione. “Andrei in Giappone, piuttosto che in Cina, piuttosto che a Cuba…”, dicevano i pierre di moda da Milano a Cefalù, i medici estetici, gli avvocati di Prati, le shampiste della Magliana: piacendosi molto. E intorno tutto un florilegio di “gentilmente”, “una firmetta qui”, “naturale o leggermente”… Che fastidio! La lingua italiana, con le sue regole e la sua sintassi, era sotto attacco.

La comunità web delle #paroleorrende
Ne parlai con Vincenzo Ostuni, editor di Ponte alle Grazie, che convenne: ormai non potevamo più ignorare il crimine, l’attacco efferato, l’invasione di certi obbrobri che ci salivano automaticamente alla bocca, che si impossessavano delle nostre dita. Avremmo dovuto allestire una lista nera, perché, come disse Ostuni in una sorta di manifesto di lotta contro le parole orrende, “la lingua tutta è un campo minato”. Oggi la raccolta di #paroleorrende (l’hashtag sta a significare che la cura non può che essere omeopatica) impegna su Facebook molte persone, che – in una specie di trance agonistica – propongono ciascuna le proprie parole-tabù, le bestie nere, le espressioni-orticaria. Nessuno snobismo, nessuno spirito conservatore: oggi che il Papa parla la lingua del popolo e il latino lo parla solo Claudio Lotito, nessuno vuol tornare all’italiano di Machiavelli. La lingua è un’entità plastica, vulcanica, e l’uso che ne fa la nostra psiche, avvinghiata agli algoritmi della rete, la rimodula incessantemente. Ormai nessun ostacolo può fermare “la pirlolingua degli informatofoni” (Guido Ceronetti). E infatti controllate nelle vostre mail, quelle di lavoro, degli uffici stampa delle case editrici o dei nostri politici. Non ce n’è una in cui non compaia qualche orribile lemma, un trito stilema, un insopportabile tic verbale. Ci sarà un timing, una dead line, una tabella di marcia, un customizzare, un ottimizzare, un funzionare (nel senso di convincere), un top, un performante, un endorsare, un quant’altro.

Nella poltiglia restasoltanto il “Googlish”
Fonemi vuoti, gassosi, che non vogliono dire niente e non hanno un vero e caldo rapporto con la nostra vita, ma evocano tutto un mondo di cultura progredita, sofisticherie aziendali, meeting motivazionali, affettazioni al passo coi tempi. Parole-chiave, hashtag, rapidi input brucia-sinapsi, inglesismi usati per lo più impropriamente (e spesso da chi non sa l’inglese), voci in Googlish, quella lingua diffusa dai motori di ricerca che uniforma i lessici nazionali in una poltiglia globalizzata. Tic linguistici che usiamo per impreziosire il discorso e mostrarci parlanti evoluti, dopo la vittoria dell’antilingua di cui parlava Italo Calvino su Il Giorno nel 1965, quell’italiano paludato che impone di dire “ho effettuato” invece di “ho fatto”, col risultato comico di trovare scritto nei bar: “Non si effettuano panini”.

Oggi è tutto rapido e veloce, la contrazione delle parole è frenetica; negli spasmi del multitasking, non c’è tempo di scegliere. La palude è bassa. Se già nel ‘78 Alberto Arbasino registrava le fissazioni giornalistiche “dello scendere in lizza e dello spezzare una lancia, del lavorare ai fianchi e del battere in ritirata, della levata di scudi, delle frecce all’arco, del sentiero di guerra, della caccia alle streghe, della camicia di forza”, oggi il “giornalismo esploso” dei social diffonde i suoi cliché spompati di “paese reale” e “società civile”, i suoi automatismi dei “gusti del pubblico” e dei “due marò”, i suoi barbarismi da Jobs Act a start-up.

L’antilingua del potere
E non parliamo dei post-politici. Il basic italian da 140 caratteri di Renzi costringe alla ripetizione anche i più avvertiti, con i suoi “la volta buona” e “l’Italia riparte”, “andare a vedere le carte” e “non gettare la palla in tribuna”, “il risultato lo portiamo a casa” e “non cadiamo nel derby ideologico”. Tutta una scialba metafora a condire il vuoto di contenuti; già che un conto è trasformare, usare, muovere la lingua, un conto è fossilizzarla nell’antilingua, assistendo senza resistere all’esaltazione corale del nulla lessicologico. Perché, sempre Calvino: “La motivazione psicologica dell’antilingua è la mancanza d’un vero rapporto con la vita, ossia in fondo l’odio per se stessi”.

da Il Fatto Quotidiano di giovedì 8 ottobre


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I miei amici su FB
Pablito Morelli E poi: "Assolutamente sì", "assolutamente no", "settimana prossima", eccetera. Povera lingua bistrattata.


Anna Laura Folena ...e quantaltro! (scritto tutto attaccato)


Umberto Folena "NARRAZIONE"...

Michelangelo Lucco ·
E di "piuttosto che" al posto di "o" non ne vogliamo parlare?

martedì 10 febbraio 2015

Il canto della civetta di Anna Laura Folena



Nell’ultima pagina del Canto della civetta  si legge che «Due occhi non bastano per vedere tutto il mondo» e che bisogna «osservarlo con tanti sguardi diversi, attraverso gli altri e le loro emozioni».  Proprio da  questo desiderio di considerare diversi punti di vista nasce il libro di Anna Laura Folena, giornalista e appassionata di ludo-linguistica, che a ciascuno di questi punti di vista ha dato una voce. 
A parlare in prima persona, infatti, è un narratore diverso per ogni racconto.
Che si tratti di animali, come la civetta, il delfino, la farfalla, o di luoghi, come il ponte, la piazza, la spiaggia, o di personaggi, come il marinaio, il pittore, il direttore d’orchestra, o d’altro ancora, il lettore ha la possibilità di conoscere i loro pensieri e le loro storie, specchiandosi nelle loro vite e nei loro sentimenti fra sogno e realtà.

In anteprima due racconti 

Pagine vive
Ogni sera ti siedi davanti a me e mi guardi con sgomento. Solo per un istante. Poi per te divento una sfida. 
Sono la pagina bianca, vuota, senza parole. E tu vuoi riempirmi. Ce la farai anche oggi, ma fino all’ultimo non sai come. Mi osservi, ti pare impossibile avere la meglio su di me. 
Mi affronti. 
Cominci a scrivere una frase con un bel suono, qualcosa che rievochi immagini vissute o desiderate o sognate o temute. E vai avanti. 
Creato il primo pensiero, la scrittura fluisce da sola, come se vivesse di vita propria, e tu respiri con lei.
Ad esempio, scrivi “Ogni sera ti siedi davanti a me e mi guardi con sgomento”. Potresti proseguire descrivendo un uomo e una donna, l’uno di fronte all’altra, senza fiato, sopraffatti da un desiderio che li spaventa. Oppure raccontare di un nipote che si specchia nel volto del nonno e vede se stesso, ma segnato da un tempo non ha ancora vissuto. 
Invece, scegli di parlare di me, e così facendo mi riempi. E ora non narri più di una pagina bianca, vuota, senza parole, perché ce se sono già duecento, e non ti fermi. 
Stendi la storia di una pagina piena, colma del tuo desiderio di scrivere nonostante lo sgomento. E non è più la mia storia, ma la tua: la storia di una scrittrice che ha bisogno ogni sera di essere se stessa, dipanandosi in frasi armoniose, una dopo l’altra.  
Ed ora ti senti viva. Ora che hai affollato di vita il mio spazio.
La Pagina
Il canto della civetta

I miei occhi fanno paura. E chi prova sgomento nel vederli non ha coscienza del perché. Pensa di averne timore perché sono grandi o perché sono gialli. Non è così. I miei occhi incutono paura perché li tengo fissi dentro a quelli di chi mi osserva.
Anche gli umani s’inquietano quando li guardo dritti in faccia, restando immobile.
Quasi tutti.
Qualcuno, però, si ferma e sostiene il mio esame con rispetto, come fosse una creatura alata della notte. Allora so di potermi fidare. Chi ha il coraggio e la lealtà di ricambiare il mio sguardo probabilmente sa anche volare nelle tenebre, come me.
Per merito dei miei occhi vedo nell’oscurità e mi dirigo senza errore verso la meta. Mentre quei pochi umani, grazie all’amore per la magia della notte, scoprono universi interi con la fantasia e li esplorano volando di sogno in sogno. E quando tornano sulla Terra sanno scrutare dentro se stessi con quella franchezza con la quale ricambiano il mio sguardo. E impavidi affrontano il giorno.
Con il capo sotto l’ala riposo, mentre loro popolano di vita le ore che li separano dalla libertà di essere se stessi nel semplice gesto di alzare il volto verso le stelle e pensare “Tutto mio… tutto mio”, sentendolo cantare dalla mia voce.
La Civetta



Il Libro è edito da youcanprint.it
http://www.youcanprint.it/youcanprint-libreria/narrativa/il-canto-della-civetta.html



Anna Laura Folena, giornalista di origini toscvenete, è laureata in Lettere Moderne con il massimo dei voti e la lode all'Università di Padova, con una tesi in stilistica e metrica italiana, dalla quale è nato il saggio Simmetria e circolarità nella metrica  del secondo Saba, pubblicato in "Studi novecenteschi" (Giardini editori e stampatori in Pisa, XVIII, numero 41, giugno 1991). Per anni è stata free-lance, dividendosi tra carta stampata, conduzioni televisive e radiofoniche. Attualmente si occupa prevalentemente di relazioni esterne e uffici stampa. Appassionata di ludo-linguistica ( nickname= Il Gabbiano, ALF), usa le parole per lavorare, per giocare e per scrivere libri , come la raccolta di raccolti ironici, Ma quando arrivano gli elefanti? (2007, Giacomuzzi Editore).
Il canto della civetta è la conferma che anche la prosa può essere poesia.